Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore
Testi e foto di Giovanni Pititto
(GP)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Esterno. Pilastro-Colonna.
(Foto di GP)
Entra, Viandante.
E perdi te stesso.
Nel ritrovarti.
Anche se il cielo grigio è ormai qui.
Vi si poteva poggiare.
E perdi te stesso.
Nel ritrovarti.
Anche se il cielo grigio è ormai qui.
Mancano già le montagne a fronte.
Vi si poteva poggiare.
La fronte.
E limitar pensiero non soffra.
Valicandole.
(Losfeld)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Navata maggiore. Volta.
(Foto di PS)
"Era anche detta di S, Stefano in Brolo - scrive Mezzanotte - perchè sorgeva in quella vasta distesa di terreno, compresa fra San Babila e S. Nazaro, che apparteneva all'Arcivescovo e di cui si è già fatto cenno. Altra denominazione fu di S. Stefano alla Ruota, per un rozzo bassorilievo antico a forma di ruota, distrutto nella chiesa oltre un secolo fa; a cui si connetteva una strana leggenda, sanzionata in una iscrizione appostavi in più tarda epoca. Si voleva che in un combattimento cruento fra ariani e cattolici ai tempi di Ambrogio, il sangue sparso da questi ultimi, raccoltosi miracolosamente in forma di ruota, fosse venuto a depositarsi sul pavimento della chiesa. Il bassorilievo fu visto, descritto e riprodotto dal Giulini nelle «Memorie» (III, 247). Portava incisa, la scritta: «ROTA SANGUINIS FIDELIUM». Coperta da calce ai suoi tempi, sparì in successivi restauri. Della basilica, si fanno risalire le origini al V secolo, fondatore nel 433 il vescovo Matroniano o Martiniano, che qui sarebbe stato sepolto.
Era una delle Matrici fra le Decumane ed era visitata nel II giorno delle Rogazione. Era prima intitolata a S. Zaccaria: quando cambiasse il titolo non si sa esattamente; era però dedicata al Protomartire già dal IX secolo ed è così nominata nel testamento di Ariberto (1034)". (Mezzanotte, p. 1032)
Era una delle Matrici fra le Decumane ed era visitata nel II giorno delle Rogazione. Era prima intitolata a S. Zaccaria: quando cambiasse il titolo non si sa esattamente; era però dedicata al Protomartire già dal IX secolo ed è così nominata nel testamento di Ariberto (1034)". (Mezzanotte, p. 1032)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Crocifissione. Insieme.
(Foto di PS)
"Il tempio, che era annoverato fra i maggiori e i più ricchi della città, cadde in rovina nel 1075, consumato dal disastroso incendio che il lunedì della settimana Santa, trenta marzo, divampò per la città e si estese alle chiese monumentali, quali la Basilica Estiva e la Jemale e S. Nazaro; ma fu particolarmente funesto a S. Stefano, come era ricordato da una iscrizione, letta dal Puricelli e poi perduta. Nessun tempio cedeva a questo in bellezza; «SPECIE FORMAE», secondo l'epigrafista; il tempio risorge dalle fondamenta, aggiunge, ma non può equiparare il perduto: «SED PRIMI CULTUM NEQUIT AEQUIPARARE SECUNDUM» ed ammonisce il fedele a sfuggire il peccato, causa di tanta // [1033] rovina: «TE PRIUS AEDIFICES, TUNC MATERIALE REFORMES» (Giulini, IV, 187)". (Mezzanotte, pp. 1032-3)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Pulpito. Veduta laterale.
(Foto di PS)
"Il tempio fu dunque ricostruito tra l'XI e il XII secolo, al dire dei contemporanei, senza lo splendore del primo: pare sulle antiche fondamenta, sicchè la planimetria rimase, come è rimasta poi nei successivi mutamenti, quella d'origine: basilica a tre navi triabsidata, ma dovette assumere in alzato forme spiccatamente romaniche. Le navate erano coperte da volta crociera cordonate, rettangolari nella nave mediana, quadrate nelle minori, rette da arcate su piloni a fascio". (Mezzanotte, p. 1033)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Verso Alma Mater.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Cappella laterale sinistra.
Altare. Madonna, Bambino, Sant'Anna.
(Foto di GP)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Cappella laterale sinistra.
Altare Mariæ V. Matri.
(Foto di GP)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Cappella laterale sinistra.
Altare. Dipinto "Sant'Anna, la Madonna e il Bambino", di Federico Bianchi.
(Foto di GP)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Navata centrale.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Cappella laterale sinistra.
Altare Mariæ V. Matri.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interno. Cappella laterale sinistra.
Altare Mariæ V. Matri.
(Foto di PS)
Ryuichi Sakamoto - Little Buddha (1993)
(Immesso da: filoage il 24 novembre 2008 - si ringrazia)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Io che per l'addietro ne ho abusato talmente, come sai, io che anzi ho tanto chiesto alla bellezza della forma, come se una parola ben scelta e collocata o una frase ben ornata bastassero a designare una verità, sento insorgere ormai in me una specie d'intimo divieto e quasi la paura d'assecondare un vecchio vizio se appena m'accorgo di compiacermi d'una cadenza o di cercare, mentre scrivo, un termine più eletto."
Così, puoi figurartelo, mi diventa impossibile addirittura scrivere.
E spesso, ti confesso, mi scopro a domandarmi, con confusa riprovazione, se anche questo non sia un indizio della mia non ancora vinta presunzione di vecchio retore, questo pudore che insidia, o raffrena, l'abbondanza del cuore e il mio ormai stabile sentimento della verità: così stabile anzi, bada, così vigile ed esclusivo, che spesso mi domando se non sarebbe possibile arrivare ad esprimerlo con un'unica parola, ma una parola che fosse tutto, affermazione e invocazione, e slancio d'ardimento e bisogno d'annientamento, e certezza e orgoglio d'essere nella verità e trepida e umiliata implorazione di persistervi: una parola, voglio dire, in grado d'esprimere da sola, adunata in un suono, e fuori da ambiguità e sottili adombramenti..."
“(…) una parola, in altri termini, che sembri nata dal silenzio e sia capace di rinviare infiniti echi, come il silenzio. Ma anche questa, dirai tu, è presunzione di vecchio retore, questa mia non vinta ancora fiducia nella parola, la speranza che essa arrivi a designare l'ineffabile.
Hai ragione: vi scorgo anch'io un segno d'imperfezione.//
Consentimi tuttavia d'insistere, sia pure per un breve istante.
Ti rammenterai di com'ero io al tempo dei primi nostri incontri, allorché tu incominciasti a prenderti cura di me per convertirmi: perduto per tanti anni dietro i libri dei pagani, innamorato dei filosofi, ammiravo il loro linguaggio ed ero orgoglioso d'imitarlo, compiacendomi anch'io di quella sorta d'irresolutezza della parola nella quale mi pareva consistere l'essenza del loro stile."
"Ricordi certamente i miei scritti d'allora: moltiplicavo, sfaccettavo, iteravo i concetti, adunavo mille sensi intorno all'unico che volevo esprimere, non m'appagavo d'un'idea se non riuscivo a duplicarla né d'una verità se non riuscivo ad adombrarla.
Intendo adesso in che sbagliavo; non era una verità.
Era indifferente, in ogni caso, che io dicessi quella o un'altra.
È perciò che ora vorrei disporre d'un termine bastante a dire tutto, d'un suono, anzi, che arrivasse a esprimere il tutto.
La Parola, l'avrai intuito.
Ma era lì e l'ho trovata.
Stupito che fosse, in fondo, così semplice arrivarvi, rammaricato, riguardando indietro l'intero corso della mia vita, d'aver perduto tanti anni prima di riuscire a identificarla.
(...) la vedresti scritta per ogni parte, lungo i muri della mia cella e ovunque poso quotidianamente gli occhi, udresti quanto spesso la ripeto ad alta voce."
*Paolo Settimio Secondo, monaco nel cenobio di Vivario, in Calabria, a Teodato, monaco nel monastero benedettino di San Paolo, a Roma (anno 600 d.C. circa), (in Mario Pomilio, Il Quinto Evangelio, 1975, Milano, Rusconi, pp. 54-7).
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Veduta.
(Foto di PS)
Paolo Settimio Secondo, monaco nel cenobio di Vivario, in Calabria, a Teodato, monaco nel monastero benedettino di San Paolo, a Roma (anno 600 d.C. circa)*
"Mi domandi quale sia ora lo stato del mio animo, ed io subito misuro l'insufficienza delle mie parole, questa sottile imperfezione per la quale quel che dico mi appare monco e povero al confronto di ciò che provo.
O forse avverto, inaspettatamente, il pudore delle parole. Io che per l'addietro ne ho abusato talmente, come sai, io che anzi ho tanto chiesto alla bellezza della forma, come se una parola ben scelta e collocata o una frase ben ornata bastassero a designare una verità, sento insorgere ormai in me una specie d'intimo divieto e quasi la paura d'assecondare un vecchio vizio se appena m'accorgo di compiacermi d'una cadenza o di cercare, mentre scrivo, un termine più eletto."
Così, puoi figurartelo, mi diventa impossibile addirittura scrivere.
E spesso, ti confesso, mi scopro a domandarmi, con confusa riprovazione, se anche questo non sia un indizio della mia non ancora vinta presunzione di vecchio retore, questo pudore che insidia, o raffrena, l'abbondanza del cuore e il mio ormai stabile sentimento della verità: così stabile anzi, bada, così vigile ed esclusivo, che spesso mi domando se non sarebbe possibile arrivare ad esprimerlo con un'unica parola, ma una parola che fosse tutto, affermazione e invocazione, e slancio d'ardimento e bisogno d'annientamento, e certezza e orgoglio d'essere nella verità e trepida e umiliata implorazione di persistervi: una parola, voglio dire, in grado d'esprimere da sola, adunata in un suono, e fuori da ambiguità e sottili adombramenti..."
“(…) una parola, in altri termini, che sembri nata dal silenzio e sia capace di rinviare infiniti echi, come il silenzio. Ma anche questa, dirai tu, è presunzione di vecchio retore, questa mia non vinta ancora fiducia nella parola, la speranza che essa arrivi a designare l'ineffabile.
Hai ragione: vi scorgo anch'io un segno d'imperfezione.//
Consentimi tuttavia d'insistere, sia pure per un breve istante.
Ti rammenterai di com'ero io al tempo dei primi nostri incontri, allorché tu incominciasti a prenderti cura di me per convertirmi: perduto per tanti anni dietro i libri dei pagani, innamorato dei filosofi, ammiravo il loro linguaggio ed ero orgoglioso d'imitarlo, compiacendomi anch'io di quella sorta d'irresolutezza della parola nella quale mi pareva consistere l'essenza del loro stile."
"Ricordi certamente i miei scritti d'allora: moltiplicavo, sfaccettavo, iteravo i concetti, adunavo mille sensi intorno all'unico che volevo esprimere, non m'appagavo d'un'idea se non riuscivo a duplicarla né d'una verità se non riuscivo ad adombrarla.
Intendo adesso in che sbagliavo; non era una verità.
Era indifferente, in ogni caso, che io dicessi quella o un'altra.
È perciò che ora vorrei disporre d'un termine bastante a dire tutto, d'un suono, anzi, che arrivasse a esprimere il tutto.
La Parola, l'avrai intuito.
Ma era lì e l'ho trovata.
Stupito che fosse, in fondo, così semplice arrivarvi, rammaricato, riguardando indietro l'intero corso della mia vita, d'aver perduto tanti anni prima di riuscire a identificarla.
(...) la vedresti scritta per ogni parte, lungo i muri della mia cella e ovunque poso quotidianamente gli occhi, udresti quanto spesso la ripeto ad alta voce."
*Paolo Settimio Secondo, monaco nel cenobio di Vivario, in Calabria, a Teodato, monaco nel monastero benedettino di San Paolo, a Roma (anno 600 d.C. circa), (in Mario Pomilio, Il Quinto Evangelio, 1975, Milano, Rusconi, pp. 54-7).
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata e Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata. Portale.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Esterni.
(Foto di PS)
"Il tempio era preceduto da un nartece, demolito nel '600; tanto che il Torre, scrivendo nel 1674, ricordava d'aver visto nella sua infanzia l'atrio più tardi distrutto; ne rimane sulla piazza, ultimo avanzo, un pilastro isolato, quale è risultato dalla demolizione di una catapecchia che era addossata alla base del campanile". (Mezzanotte, p. 1033)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata. S. Ambrogio.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Facciata. Santo Stefano Protomartire.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Torre campanaria.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
"AD PETRI CHIESA / MEMORIAM / C. DOMINIONI UXOR / INSTAURAVIT / A. 1893 //
"AD PETRI CHIESA / MEMORIAM / C. DOMINIONI UXOR / INSTAURAVIT / A. 1893 //
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
S. Ambrogio fra i santi Gervaso e Protaso.
(Foto di PS)
Bevilacqua (o copia da esso, sec. XV), S. Ambrogio fra i santi Gervaso e Protaso.
Il dipinto, allo stato omunque di Anonimo del sec. XV, è iconologicamente presumibile raffigurazione di S. Ambrogio e due santi martiri della chiesa mediolanense. Si presenta in pessimo stato di conservazione e la scena pone Ambrogio ieraticamente al centro della composizione in piedi su base litica. In mano destra il pastorale; nella sinistra alzata e minacciosa ostende sicuramente un flagello, per quanto flagellato ne è alla vista questo da distacchi della pellicola pittorica e riassorbimento dei pigmenti originari. Pallio su pianeta rossa; volto d'espressione risoluta, mitria su capo.
Due giovinetti, ai lati, sono fasciati da emblemi loricati: corazza ma priva di elmo e ciascuno porta spada grande elsa di fattura cinquecentesca. Quello a destra mostra la corazza e mantello su braccia; l'altro, a sinistra, manto su corazza. La scena tutta appare inquadrata da due colonne brunite, a malapena visibili in quanto fortemente interessate da degrado chimico e meccanico; in alto panneggio rosso - in origine porpora - funge da fine di scena.
Due giovinetti, ai lati, sono fasciati da emblemi loricati: corazza ma priva di elmo e ciascuno porta spada grande elsa di fattura cinquecentesca. Quello a destra mostra la corazza e mantello su braccia; l'altro, a sinistra, manto su corazza. La scena tutta appare inquadrata da due colonne brunite, a malapena visibili in quanto fortemente interessate da degrado chimico e meccanico; in alto panneggio rosso - in origine porpora - funge da fine di scena.
(Segue a Nota 2)
Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Interni.
(Foto di PS)
Wolfgang Amadeus Mozart, Ave Verum Corpus K. 618
Conductor: Riccardo Muti - Berlin Philharmonic Orchestra - Swedish Radio Chorus(https://www.youtube.com/watch?v=bV1dfg3goUo)
(Condivisione: http://youtu.be/bV1dfg3goUo)
(Immesso su Youtube da: Adagietto66 - si ringrazia)
NOTE
(a cura di Losfeld)
Veduta della piazza e chiesa di S. Stefano
(Incisione del Dal Re, in Mezzanotte, cit., p. 1033)
Il "Laghetto" dell'Ospedale ed il campanile di S. Stefano nella prima metà dell'800. (Illustrazione in Mezzanotte, cit., pag. 1032)
Chiesa di S. Stefano. Veduta facciata e campanile.
(Illustrazione in Mezzanotte, cit., p. 1034)
Chiesa di S. Stefano, interno, navata centrale.
(Illustrazione in Mezzanotte, cit., p. 1032)
Chiesa di S. Stefano. Pilone a fascio superstite del nartece.
(Illustrazione in Mezzanotte, cit., pag. 1032)
Chiesa di S. Stefano. Pilone a fascio superstite del nartece. Dettagli parte superiore.
(Illustrazione in Mezzanotte, cit., pag. 1033)
Chiesa di S. Stefano. Fraammento marmoreo (Sec. XII) proveniente dalla Chiesa di S. Stefano, ora al Museo Archeologico di Milano.
(Illustrazione in Mezzanotte, cit., p. 1035)
(1) BIANCHI, Federico (in: Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)
di Rossana Bossaglia
di Rossana Bossaglia
BIANCHI, Federico. - Secondo qualche fonte questo pittore sembrerebbe appartenere al ramo della nobile famiglia dei Bianchi da Velate, trasferitosi sin dal sec. XV a Masnago (Varese); è ignota la sua data di nascita, ma il B. risulta sicuramente attivo fino al primo decennio del sec. XVIII: è quindi da escludere che egli potesse già operare nel 1618 come voleva lo Zani (Encicl. metodica... delle Belle Arti, I, 4, Parma 1820, p. 39).
II Bigiogero (1699) lo dice nativo di Masnago, l'Orlandi e il Bartoli lo citano come "milanese": si sono quindi create confusioni con i Bianchi attivi a Varese e a Milano, tanto più che sia Salvatore e Francesco Maria, sia Isidoro, erano, come Federico, cavalieri e spesso si trovano indicati nei testi semplicemente come "cavalier Bianchi". Si tenga conto comunque che il Bartoli distingue da Federico un cavalier Bianchi da Velate (da intendersi Salvatore o Francesco Maria) e un cavalier Bianchi da Campione (da intendersi Isidoro), e che nelle tavole genealogiche delle famiglie Bianchi da Velate, Masnago e Fogliaro (G. Bianchi,Cenni stor. sulla nobile fam. Bianchi da Velate, Varese 1940) compaiono i nomi di Francesco Maria e Salvatore, ma non quello di Federico, loro contemporaneo.
A qualcuno degli altri Bianchi andranno dunque meglio riferite talune delle opere eterogenee che passano sotto il nome del B., e che hanno indotto il Nicodemi a formulare l'ipotesi dell'esistenza di due pittori a nome Federico Bianchi, all'incirca contemporanei: ipotesi legittima, ma non suffragata dall'esame delle opere attribuite al B., le quali non possono dividersi in due gruppi distinti, ciascuno internamente omogeneo. Va detto infine che in molti testi, a partire dal Malvezzi (Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 235), il B. è confuso con il Francesco Bianchi collaboratore del Ruggeri, errore contro il quale già il Lanzi aveva messo in guardia.
Altra inesattezza in cui incorrono i biografi del B. risale all'Orlandi (e di esso lo stesso B. aveva avuto a dolersi: Arfelli, p. 459), che lo faceva genero di Giulio Cesare Procaccini, mentre egli fu genero di Ercole Procaccini il Giovane e scolaro dello stesso e di Carlo Villa (Note della Bibl. Trivulz.; Mrozinska, p. 73).
Non è possibile suggerire una data anche approssimativa per gli affreschi scomparsi nel chiostro milanese di S. Maria della Pace, che l'Orlandi indicava come prima opera importante del B., eseguita a diciassette anni. La prima data che di lui sia nota è il 1668 (o 1665 ?), apposta con la firma alla sanguigna n. 157 del codice Bonola. Nel 1677 egli lavorava con i quadraturisti Giambattista e Girolamo Grandi nel S. Francesco di Varese (distrutto) e vi continuava l'attività fino al 1692 (affreschi nel coro), dando poi disegni per altre pitture decorative nella stessa chiesa, eseguite nel 1706 da Paolo Cazzaniga e Carlo Pusterla, dopo che il B. era venuto appositamente da Milano per sovrintendere ai lavori (Adamollo, ff. 83 r, 85 r. il Marliani, invece, p. 52, riferisce gli affreschi del S. Francesco a un Fr- Bianchi che è stato interpretato come Francesco Maria). Nell'anno 1683 il B. affrescava nella chiesa di S. Alessandro di Milano a fianco di Filippo Abbiati, sempre con la collaborazione dei Grandi per le quadrature (i suoi lavori nella chiesa sembra si protraessero fino al 1686; secondo il Manzini, sino al 1696); nello stesso 1683 riceveva la commissione per il S. Onorio nel Carmine, pagato nel 1685; dopo il 1681 (1698?) dipingeva con i Grandi la tredicesima cappella (della Pentecoste) al Sacro Monte di Varese; nel 1692, con gli stessi, la tredicesima cappella (dell'Umiltà di s. Francesco) al Sacro Monte d'Orta. Nel 1691 aveva intanto dipinto per la "chiesa del giardino ai Padri riformati" (Bartoli) a Milano (distrutta). Nel 1702 trasmetteva all'Orlandi le notizie sui pittori milanesi; lo stesso Orlandi, includendo il nome del B. nell'Abecedario, riferiva genericamente della sua attività torinese al servizio dei Savoia, che gli aveva valso il dono di una medaglia d'oro. Il Lanzi lo dice ancora operoso nel 1718. La data di morte del 1719, che è raccolta dalla tradizione astigiana, appare assai verosimile.
Si dà qui di seguito, secondo le località, l'elenco delle opere attribuite al B.: Asti, duomo: affreschi nel cappellone di S. Filippo, con quadrature del Pozzi (ma G. Bosio,Storia della chiesa d'Asti, Asti 1894, pp. 266, 353; autori recenti attribuiscono questi affreschi e quelli della distrutta chiesa di S. Anastasio a Salvatore Bianchi); probabile collaborazione con Antonio Milocco (e Francesco Fabbrica?) per gli affreschi della volta (il Bartoli, I, p. 60, riferisce questi affreschi al solo Fabbrica, ma vi si individuano affinità con l'Onorio III e altre opere del B.; per Mallé, p. 385, le volte sono tutte del B.); S. Pietro in Consavia: frammenti di affreschi (Giuditta,David e Golia e le Offerte bibliche)provenienti dal distrutto S. Anastasio (ma cfr. Bosio, cit.); Pinacoteca: altri frammenti dei medesimi affreschi (L'ossesso e Il paralitico [ma cfr. Bosio, cit.]). Casale Monferrato, S. Filippo: Madonna col Bambino e santi,Incontro di s. Filippo e s. Carlo (tele); duomo: Madonna e santi (tela; attribuz. Gabrielli); Cascina Brusada (presso Macignago): affreschi nell'oratorio. Cernusco sul Naviglio: villa Alari Visconti, oggi ospedale, cappella, pala d'altare (cit. da G. Gussalli,Una villa lombarda..., in Emporium, XV[1901], p. 313, come di Isidoro Bianchi, è patentemente del B.). Miasino (lago d'Orta): Morte di s. Rocco,S. Rocco e i poveri (tele; dubbie). Milano, S. Alessandro: affreschi, assai guasti, nella controfacciata (coperti dall'organo), attorno alle porte minori e nell'archivolto delle stesse; collaborazione con l'Abbiati per l'affresco della cupola centrale (al B. sembrano doversi assegnare i pennacchi), per quello della volta della prima campata destra e per le Storie di s. Alessandro nel coro; collaborazione con l'Abbiati e Pietro Maggi per l'affresco della volta della prima campata sinistra; collaborazione con Gianolo Parravicino per l'affresco nell'intradosso dell'arcone verso l'altar maggiore, assai guasto; S. Antonio (chiostro): Apparizione di s. Caterina (tela: riferita a un Felice Bianchi, ma giustamente rivendicata al B. dall'Arslan 1960, p. 88); S. Carlo al Corso: il Beato Angelo Porro (ovato su tela; proveniente da S. Maria dei Servi: attribuzione antica ancorché discutibile); S. Celso (archivio): Sogno di s. Giuseppe (tela; dubbia); S. Eustorgio, seconda cappella a sinistra: Il Padre Eterno con Adamo ed Eva (tela); completamento degli affreschi lasciati interrotti da Carlo Cornara (la mano del B. è particolarmente evidente nell'archivolto; negli affreschi della terza cappella, talora attribuiti al B. [Mezzanotte-Bascapé], non si identifica la sua mano); S. Francesco da Paola: Caduta di Lucifero (tela: attribuzione [in U. Thieme-F. Becker] molto sospetta; forse il quadro è identificato, erroneamente, con quello di medesimo soggetto che secondo il Bartoli si trovava in S. Francesco dei frati minori); S. Lorenzo, sacello di S. Aquilino: affresco con la Maddalena penitente; S. Marco: affresco attiguo alla cappella del Crocifisso con la Cacciata di Eliodoro (attribuzione antica, non del tutto sicura; il Latuada riferisce il dipinto a un "cavalier Bianchi" che il Bartoli induce a identificare con Federico; gli affreschi nella cappella del Crocefisso, talora assegnati al B., sono da assegnare al Montalto); S. Lucia (tela nella cappella di S. Giuseppe: probabilmente sostitutiva della tela originale); S. Maria del Carmine: Onorio III approva la regola (tela); S. Teresa ai piedi di Gesù (tela); S. Maria della Passione: affreschi nella quarta cappella a destra,Sacra famiglia (tela, sul quarto altare a destra, generalmente identificata con quella che si trovava sul primo altare a destra, ma l'attribuzione èdifficilmente sostenibile); S. Ubaldo (tela, prima cappella a sinistra); S. Stefano: Madonna col Bambino e s. Anna (generalmente e assai improbabilmente identificata con la Sacra famiglia citata dal Lanzi). Monza, duomo, navata centrale: L'ambasciata pontificia a Teodolinda (tela; riferita nei testi a Francesco Bianchi, ma i caratteri stilistici la rivelano chiaramente di Federico). Notre Dame, Indiana: Nozze mistiche di s. Caterina (D. C. Miller,Seventeeth and eighteenth cent. paintings from the University of Notre Dame, Urbana 1962, n. 18). Orta, Sacro Monte: affreschi nella tredicesima cappella, coi Grandi. Pavia, Certosa: prima cappella a sinistra: affreschi con Storie della Maddalena; quarta cappella a destra: affreschi con Storie della Passione; cinque tele: S. Anselmo,S. Ugo (cfr. Breve e fedele descrizione... della Bibl. Ambrosiana di Milano e letteratura successiva sulla Certosa; l'Arslan, 1961, avanza alcuni dubbi sulla paternità di questi due quadri),Beato Guglielmo,Beato Gerardo,S. Romualdo (attrib. dubbia: talvolta riferita al Cornara). Saronno, santuario: cappella di S. Giovanni Battista: affresco con S. Famiglia, e probabile intervento negli altri affreschi della cappella oltre che in quelli della navata destra. Torino, SS. Maurizio e Lazzaro: affresco nel catino del coro (Assunzione), assai guasto, spesso attrib. a Isidoro Bianchi (Vesme, I, p. 137), ma sicuramente di Federico. Tremezzo, chiesa parrocchiale: Madonna col Bambino e s. Antonio (tela). Varese, Sacro Monte: affreschi nella tredicesima cappella, coi Grandi; S. Vittore: affreschi nella terza cappella, con G. B. Dal Sole; frazione Biumo Inferiore, palazzo Orrigoni, poi Litta Modignani: affreschi (citati ab antiquo; la mano del B. è riconoscibile in quelli superstiti del salone, specie nella Diana e Endimione). Vigevano, S. Maria del Popolo: Presentazione al tempio,Sposalizio della Vergine (attribuzione del Bartoli; aggiungeremmo, dubitativamente, la medaglia a fresco nella volta della stessa chiesa).
Risultano infine distrutte o irreperibili le seguenti opere del B.: Casale Monferrato, tele in S. Francesco (S. Luca)e in S. Giuseppe (cinque Storie del santo); Chieri, affreschi nel chiostro di S. Francesco (distrutto); Cremona, tela con il Presepio in SS. Giuseppe e Teresa; Milano, tela con la Cattura di s. Giovanni in S. Giovanni alle Case Rotte (distrutto), tela con la Visitazione in S. Lorenzo, affresco con l'Assunzione in S. Maria alla Porta, affresco con Cristo e un santo francescano nell'ex convento di S. Maria della Pace (distrutto), affreschi in vari palazzi (Orlandi), tele con "satiretti", in una raccolta privata (Arese); Pavia, Certosa,Assunta (sacrestia); Torino, affreschi in S. Tommaso; Varese, tele in S. Giovanni, S. Rocco (distrutto), affreschi in S. Francesco (distrutto).
Del B. si conoscono alcuni disegni e numerosi altri gli andrebbero attribuiti; vanno indicati come sicuri o fortemente probabili le sanguigne del codice Bonola nn. 148, 149, 157, 158 (Mrozinska) e le sanguigne e i carboncini conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano: codd. F 232 inf. (nn. 389, 390, 392, 401), F. 233 inf. (n. 665 e forse nn. 578, 635), F. 234 inf. (nn. dal 73 al 722), F. 235 inf. (nn. 1080, 1082).
Dal B., G. F. Bugatti incise il ritratto del vescovo G. B. Odescalchi (Thieme-Becker).
Il ragguardevole numero di opere rimasteci del B. non toglie che dell'artista sia difficile individuare la fisionomia precisa; elogiato ai tempi suoi e considerato dal Lanzi "uno dei migliori Milanesi" del Seicento, appare discontinuo, anche quando si voglia limitarne il catalogo alle cose più sicure; egli passa dalla grossolanità di molte tele (specie l'Onorio III)e di molti goffi e farraginosi affreschi (specie quelli del duomo di Asti) alla nobiltà della S. Teresa (nettamente abbiatesca), dei due quadri di Vigevano (specie la Presentazione si allinea con la migliore tradizione del primo Settecento lombardo, accostandosi al Legnanino: tanto che questa sua speciale qualità ha fatti sorgere dubbi attributivi) e degli ariosi e leggiadri affreschi provenienti dalla chiesa di S. Anastasio ad Asti. Che non fosse artista dappoco è provato dai suoi buoni disegni, alcuni dei quali schizzi per opere profane (e ci fanno rimpiangere la perdita - o la mancata identificazione - delle sue pitture decorative nei palazzi, documentate soltanto a Biumo); ma andava disordinatamente soggetto all'influenza dei maggiori. È probabile che la sua attività sia stata molto estesa nel tempo, sì da consentirgli di passare dal fare procacciniano (specie sulla linea di Ercole) e persino ceraniano delle opere giovanili, con qualche andamento desunto da Panfilo Nuvolone, alla maniera abbiatesca del periodo centrale, in cui si notano anche affinità con Antonio Busca, sino all'approdo settecentesco, nell'aria del Legnanino, dove incominciano ad avvertirsi le prime vibrazioni barocchette.
Fonti e Bibl.:
Archivio di Stato di Milano,Registro degli autografi, cartella 27, n. 1; Schede Vesme, I, Torino 1963, p. 131; D. Bigiogero,Le glorie della gran Vergine al Sagro Monte sopra Varese…, Milano 1699, p. 65; G. A. Adamollo-L. Grossi,Cronaca di Varese (mem. cronol.), Varese 1931, ff. 79, 82, 83, 85; P. Orlandi,Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 148; Milano, Bibl. Trivulziana,Miscell. storica, n. 1131, fasc. 28: Note di alcuni pittori scultori ed architetti... ; C. Torre,Ritratto di Milano, Milano 1714, p. 117; S. Latuada,Descrizione di Milano, I, Milano 1737, p. 234; III, ibid. 1737, pp. 103, 104, 105, 199, 314, 323-24; V, ibid. 1738, pp. 100, 101, 282, 283; Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. X, 21 sup. (1777): Breve e fedele descrizione delle pitture..., pp. 17 s.; G. Bartoli,Notizia delle pitture..., I, Venezia 1776 pp. 33, 50, 58, 60 s., 62, 67, 138, 159, 161, 178: 184, 187, 196, 198, 199, 201; II, ibid. 1777, pp. 66, 69, 74, 108, 149; V. Marliani,Le mem. della città di Varese dall'anno 1737 all'anno 1776, a cura di L. Giampaolo, Varese 1955, p. 51; Bologna, Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, ms. B. 133, II (1770-1780 circa): M. Oretti,Notizie de' professori del disegno, p. 182; M. Paroletti,Turin et ses curiosités, Torino 1819, p. 373; M. Malaspina,Guida di Pavia, Pavia 1819, pp. 125, 153; S. Ticozzi, Dizionario…, I, Milano 1830, p. 159; L. Lanzi,Storia pittorica d'Italia, Venezia 1839, IX p. 90; C. Bizzozzero,Varese e il suo territorio, Varese, 1874, pp. 66 s., 70, 82, 105; D. Sant'Ambrogio,Una breve corsa artistica..., in Arch. storico lombardo, s. 3, XXIII (1896), p. 350; L. Manzini,La chiesa di S. Alessandro, Milano 1922, pp. 21-26; U. Bazzetta di Vermenia,Guida del Lago Maggiore e lago d'Orta, Milano 1930, p. 269; C. Del Frate, S. Maria del Monte sopra Varese, Varese 1933, pp. 9, 110; N. Gabrielli,L'arte a Casale Monferrato, Torino 1935, p. 81; L. Meregazzi,La chiesa di S. Marco nella storia e nell'arte, Milano 1937, p. 47; P. Mezzartotte-G. Bascapé,Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, pp. 282, 390, 582, 780, 828, 1022, 1035 (con bibl. relativa a singole opere) ; C. Baroni, F. Abbiati maestro del Magnasco, in Arch. storico lombardo, s. 8, III (1951-52), pp. 215 s. (con note bibliogr. e documentarie); F. Maggi, S. Celso e la sua Madonna, Milano 1951 p. 247; G. Nicodemi,La pittura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 510 s.; A. M. Romanini,La pittura milanese nel XVIII sec., ibid., XII, Milano 1959, pp. 719 (per Felice), 739, n. 2; A. Arfelli,Per la cronologia dei Procaccini, in Arte antica e moderna, 1959 pp. 457, 459; M. Mrozinska, I disegni del codice Bonola (catal.), Venezia 1959, pp. 72, 73, 74, 80 (con nota bibliogr.); L. Mallé,Le arti figurative in Piemonte, Torino 1960, pp. 251, 261, 274, 385; E. Arslan,Le pitture del Duomo di Milano, Milano 1960, pp. 69, 83, 88, 90 n. 33, 109; L. Vergano-L. Di Stefano,La cattedrale di Asti, Asti 1960, pp. 20, 31; E. Arslan,Le tele settecentesche ora nel refettorio della Certosa di Pavia, in Arte lombarda, VI(1961), pp. 227 ss.; G. Consoli,Riscoperti in S. Eustorgio affreschi..., ibid., X(1965), p. 158; F. Arese,Una quadreria milanese della fine del seicento,ibid., XII(1967), pp. 140 s.; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, III, pp. 581 s.; Encicl. Ital., VI, p. 865.
(2) Milano. Chiesa di Santo Stefano Maggiore. Bevilacqua (sec. XV, o copia da esso), S. Ambrogio fra i santi Gervaso e Protaso.
Il dipinto, allo stato omunque di Anonimo del sec. XV, è iconologicamente presumibile raffigurazione di S. Ambrogio e due santi martiri della chiesa mediolanense. Si presenta in pessimo stato di conservazione e la scena pone Ambrogio ieraticamente al centro della composizione in piedi su base litica. In mano destra il pastorale; nella sinistra alzata e minacciosa ostende sicuramente un flagello, per quanto flagellato ne è alla vista questo da distacchi della pellicola pittorica e riassorbimento dei pigmenti originari. Pallio su pianeta rossa; volto d'espressione risoluta, mitria su capo.
Due giovinetti, ai lati, sono fasciati da emblemi loricati: corazza ma priva di elmo e ciascuno porta spada grande elsa di fattura cinquecentesca. Quello a destra mostra la corazza e mantello su braccia; l'altro, a sinistra, manto su corazza. La scena tutta appare inquadrata da due colonne brunite, a malapena visibili in quanto fortemente interessate da degrado chimico e meccanico; in alto panneggio rosso - in origine porpora - funge da fine di scena.
L'impianto presenta che in origine il dipinto aveva riquadratura esterna terminante a timpano nella parte superiore. Visibili le aggiunte in alto e nel lato sinistro. Il menzionato panneggio rosso sembrerebbe essere stato raffigurato, in origine, quale appunto pendente come un nastro dai due lati obliqui del timpano superiore.
Il tutto depone per un originario impianto attinente ad un polittico, o comunque ad una pala d'altare sormontata da una cimasa o pittorica o lignea. Per la tipologia a timpano, nelle opere di Liberale, ved. la scheda "Anonimo , Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale. Cristo nel sepolcro sorretto da due angeli", della Collezione Zeri, di cui: http://fe.fondazionezeri.unibo.it/catalogo/scheda.jsp?decorator=layout&apply=true&tipo_scheda=F&id=56338&titolo=Anonimo+%2c+Giovanni+Ambrogio+Bevilacqua%2c+detto+Liberale.+Cristo+nel+sepolcro+sorretto+da+due+angeli+-+insieme
Idem per la proposizione del panneggio superiore come festone appeso.
Le numerose macchie bianche apparirebbero quali colature da pigmenti estranei al dipinto.
Notevole la dolcezza del volto del santo giovinetto sulla sinistra, come, ancora di più, la mano destra dello stesso. Questi due particolari, che qui si segnalano, avvicinerebbero la fattura del dipinto maggiormente agli ultimissimi anni del XV o proprio primo decennio del XVI. Ma particolari che pur se di possibile datazione non incompatibile con i lineamenti biografici di Giovanni Ambrogio detto Liberale, rimangono sempre particolari di un molto forse troppo riecheggiare di una memoria dei moduli di emuli e seguaci della locale scuola leonardesca.
Il quadro, per Paolo Mezzanotte sicuramente raffigurante Ambrogio fra Gervaso e Protaso, è dallo stesso attribuito con qualche perplessità al Bevilacqua; viene infine dichiarato quale proveniente dalla pristina collocazione nella terza cappella a man destra. (cfr. P. Mezzanotte - Giacomo Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Edizione Bestetti Tumminelli, 1948, Milano, pag. 1034).
Per le vesti pontificali di Ambrogio, ved.:
Waddesdon
Saint Ambrose and Saint Sebastian
Attributed to:Bevilaqua, Giovanni Ambrogio (active 1481-1512)previously attributed to Milanese School
previously attributed to Macrino d' Alba (Italian, active 1495-1515)
previously attributed to Lombard SchoolDate:1485-1490dated stylisticallyPlace of Production:Milan, ItalyMedium:oil on panelType of Object:altarpieces
paintingsAccession number:873
Two panels at Waddesdon (see also acc. no 872) once belonged to a large polyptych altarpiece from Milan dedicated to Saint Francis and the Virgin. They were painted by a little-known artist whose work demonstrates
both the taste for excessive ornamentation at the Sforza court, and new innovations brought to the city by visiting artists. This panel originally formed the left-hand side of the lower register.
Physical description
Dimensions (mm):1080 x 572 - sightSignature & Date:not signed or datedInscriptions:SCS. AMBROXIVS
Inscription
lower left to lower centre, on the orphry of Ambrose's dalmaticLabels:MILANESE SCHOOL
15th century
Label
on frame, lower centre
History
Provenance description:Owned by Mrs Baring from the Revelstoke branch; bought by Alice de Rothschild (b.1847, d.1922) from Mrs Baring via Durlacher Brothers, London, for £400 for both paintings, receipt dated 15
August 1905, as by Macreno d'Alba; inherited by her great-nephew James de Rothschild (b.1878, d.1957); accepted by The Treasury Solicitor in lieu of taxes on the Estate of Mr James de Rothschild in 1963; given to
Waddesdon The Rothschild Collection (The National Trust) in 1990.Collection:Waddesdon, The Rothschild Collection (The National Trust)
Accepted by HM Government in lieu of inheritance tax and allocated to the National Trust for display at Waddesdon Manor, 1990.
Waddesdon Manor, Aylesbury, Bucks, HP18 0JH.
(http://collection.waddesdon.org.uk/search.do;jsessionid=B5F2249903AB9855631A4BEC8339CF66?id=41131&db=object&page=1&view=detail)
Per la scheda Fondazione Zeri:Fondazione Federico Zeri Fototeca Biblioteca Epigrafi Homepage English version Anonimo ligure sec. XV/ XVI , Cristo in pietà e angeli - CODICI Numero scheda 23472.
Serie Pittura italiana - Numero busta 0272 - Intestazione busta Pittura italiana sec. XV. Liguria - Numero fascicolo 5 - Intestazione fascicolo Anonimi liguri sec. XV: Emanuele Macari, Giacomo De Carolis, Giacomo
Durandi, Antonio Manchello, Jean Miralheti, Francesco Brea, Francesco Grosso, Andrea Della Costa 1.
OGGETTO Definizione dell’oggetto dipinto
Tipologia dipinto: Soggetto Cristo in pietà e angeli; Materia e tecnica tavola; Unità di misura cm: Altezza 62; Larghezza 63.
AUTORE Autore Anonimo ligure sec. XV/ XVI -
Motivazione dell'attribuzione Documentazione allegata.
ALTRE ATTRIBUZIONI Nome Giambono Michele.
Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia.
Nome Boccati Giovanni.
Riferimento all'altro autore attr.
Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia: Nome Bevilacqua Giovanni Ambrogio - Pseudonimo Liberale - Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia.
CRONOLOGIA Indicazione generica sec. XV/ XVI: Da 1475 A 1525
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA Stato Italia - Emilia Romagna - Provincia Parma - Comune Parma.
Denominazione del contenitore Collezione privata - Localizzazione specifica segnalato nel 1993
LOCALIZZAZIONI PRECEDENTI Stato Francia - Regione / Stato federale Ile-de-France - Comune Parigi - Denominazione Asta Drouot Richelieu.
Localizzazione specifica 24 febbraio 1975, n. 11: Stato Stati Uniti d'America - Regione / Stato federale New York - Comune New York (NY) - Denominazione Ehrich Galleries
DOCUMENTI ALLEGATI Tipo memorandum - Autore Zeri F. - Data s.d.
Descrizione Nota manoscritta relativa ad una "Pietà" (con fondo operato), apparsa nella vendita Hotel Drouot, Parigi, 24 febbraio 1975, n. 11, di anonimo ligure sec. XV/XVI.
Scheda Allegato memorandum
SCHEDE FOTO RELATIVE Foto Anonimo , Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale. Cristo nel sepolcro sorretto da due angeli - insieme
Foto Anonimo , Anonimo ligure - sec. XV/ XVI - Cristo in pietà e angeli - insieme
Foto Anonimo , Giambono. Venetian Primitive. "Eucharistic Ecce Homo" - insieme
© 2003 - 2013 Fondazione Federico Zeri.
Su Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale:
BEVILACQUA, Giovanni Ambrogio, detto Liberale
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
di Franco Mazzini
BEVILACQUA, Giovanni Ambrogio, detto Liberale. - Nacque quasi certamente a Milano, intorno alla metà del sec. XV, da un Pietro falegname. Immatricolato all'Arte dei pittori nel 1481, risulta fra gli artisti che lavoravano per il duca Francesco Sforza. Nella chiesa parrocchiale di Landriano (Milano) vi sono due affreschi datati 1485, uno dei quali, raffigurante S. Rocco tra i ss. Sebastiano e Cristoforo,èfirmato "Ambrosius de Beacquis". Un affresco parimenti firmato e datato 1486, oggi perduto, è descritto dal Torre (1674) come esistente sulla facciata del Luogo pio di carità, a Milano; del 1487 è una citazione, per un lavoro imprecisato, in un registro di spese della fabbrica del duomo di Milano (Albuzzi, Calvi); nel 1495 il B. esegue un restauro per l'Ospedale Maggiore. Di una sua attività alla certosa di Pavia - verosimilmente accanto al Bergognone, negli ultimi anni del Quattrocento - fa cenno il Rio, ma si ignora la fonte di tale notizia. Del 1502 infine è la pala di Brera, Madonna col Bambino e santi,firmata "Io. Ambrosius de Beaquis - dictus Liberalis". Dopo il 1512, anno in cui risulta testimonio in un atto pubblico, non si hanno più notizie di lui. è infatti molto improbabile, sulla base dei responso stilistico, che l'Ambrogio da Vigevano, che nel 1514 sottoscriveva insieme con Cristoforo de' Mottis gli affreschi della "Madonnina" a Cantù, sia il Bevilacqua.
Nelle prime opere documentate, gli affreschi di Landriano, il B. appare come un pittore di livello provinciale, ma padrone di un suo linguaggio di ispirazione prevalentemente foppesca: vedi le rustiche figure dei tre santi (nell'affresco firmato) e i ritratti dei devoti (nell'altro affresco con la Vergine in trono, il Bambino, s. Giovani Battista e s. Antonio abate),affini ai Bottigella della omonima pala pavese del Foppa. Non sembra quindi, potersi definire il B. il "dolce scolaro del Bergognone" come ritiene il Malaguzzi Valeri (1902), anche se molte afinità possono riconoscersi fra i due pittori. A distanza di oltre quindici anni, la pala braidense del 1502 rivela un artista più maturo che si esprime nei modi tipici, ma più convenzionali e generici della pittura lombarda di fine secolo, non senza qualche venatura leonardesca.
Sulla base di questi pochi dipinti documentati, il Malaguzzi Valeri ha imbastito un catalogo comprendente parecchie opere, peraltro ineguali di livello e di stile, alcune delle quali possono però ragionevolmente ascriversi al B.: la Madonna col Bambino,singolare dipinto su tavola con parti ricamate e ornate di vetri e genune, della raccolta Bagatti Valsecchi di Milano; la consimile Madonna,già Piccinelli, conservata ora nel Museo d'arte antica di Milano (Castello sforzesco); il Presepio delle Gallerie di Dresda (già in S. Maria della Pace a Milano e già attribuito al Bergognone); la tavoletta della Carrara di Bergamo, con la Madonna, santi e un devoto (attribuita al B.
dal Morelli). Qualche dubbio desta invece il trittico in S. Maria di Casoretto (Milano) che dovrebbe essere anteriore agli affreschi di Landriano; e ancor più il trittico di S. Vito a Somma Lombarda (Varese), piuttosto riferibile ai pavesi Chiesa.
Del fratello Filippo, annoverato dal Lomazzo tra i pittori illustri di Milano, non si conoscono opere né si hanno altre notizie.
Fonti e Bibl.: R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia,I,Pavia 1935, p. 305, n. 1287; G. P. Lornazzo, Trattato dell'arte della pittura…,Milano 1584, p. 504; P. Morigi, La nobiltà di Milano,Milano 1619, p. 459; C. Torre. Ilritratto di Milano [1674], Milano 1714 p. 279; C. Bianconi, Nuova guida di Milano…Milano 1787, p. 93; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia,IV,Bassano 1809, p. 175; A. F. Albuzzi, Mem. per servire alla storia de' pittori scultori e architetti milanesi [1776], a cura di G. Nicodemi, in L'Arte,LII (1952), pp. 28 s. dell'appendice; S. Ticozzi, Diz. dei pittori…,I,Milano 1830, p. 158; A. F. Rio, Leonardo et son école,Paris 1855 p. 183; G. L. Calvi. Notizie sulla vita e sulle opere dei Principali pittori…,II,Milano 1865, pp. 235 s.; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda,Milano 1882, p. 119; G. Bernardini, Idipinti dei Museo civico di Pavia,in Rass. d'arte,I(1901), p. 151; K. Woermann, Kat. der koeniglichen Gemäldegalerie zu Dresden,Dresden 1902, p. 51; F. Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del 1400, Milano 1902, pp. 165-187; Id., Maestri minori lombardi,in Rass. d'arte,V(1905), pp. 88 s.; C. J. Ffoulkes-R. Maiocchi, V. Foppa of Brescia,London 1909, pp. 252 e passim;G. Morelli (Lermolieff), Le opere dei maestri ital. nelle Gallerie di Monaco, Dresda, Berlino,Bologna 1886, pp. 203, 422-427; G. B. Cavalcaselle-J. A. Crowe, A hist. of Painting in North Italy,London 1912, II, p. 393; A. Bellini, La pala del B. in S. Vito a Somma Lombarda,1912; G. Nicoderni, La Pinacoteca dell'Arcivescovado di Milano,in Rass. d'arte,XIV (1914), p. 281; A. Venturi, Storia dell'arte ital.,VII,4, Milano 1915, pp. 922 s.; L. Beltrarni, Nuove opere d'arte nei Musei del Castello Sforzesco di Milano….in Rass. d'arte,III(1916), pp. 52 s., 164; P. Toesca, La Casa Bagatti Valsecchi in Milano.Milano 1918, p. 21; A. Venturi, La pittura del '400 nell'Alta Italia,Bologna 1930, p. 28; E. Chinea, Delle antiche botteghe d'arti e mestieri…, in Arch. stor. lomb.,LIX (1932), 1, p. 446; Cat. della Mostra di Leonardo,Milano 1939, p. 204; F. Wittgens, V. Foppa,Milano s.d. (1949), pp. 23, 98; Cat. della Pinacoteca di Brera,a cura di E. Modigliani, Milano 1950, p. 53; C. Baroni-S. Sarnek Ludovici, Pittura lombarda dei '400, Messina 1952, p. 1134; F. Mazzini, in Arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catal.), Milano 1958, p. 131; F. Mazzini, in Affreschi lombardi del Quattrocento,Milano 1965, p. 483; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,III,pp. 559; Encicl. Ital.,VI, p. 844.
(Da: http://www.treccani.it/enciclopedia/bevilacqua-giovanni-ambrogio-detto-liberale_(Dizionario-Biografico)/)
(Nota Losfeld)
(3) [Frontespizio]
Il dipinto, allo stato omunque di Anonimo del sec. XV, è iconologicamente presumibile raffigurazione di S. Ambrogio e due santi martiri della chiesa mediolanense. Si presenta in pessimo stato di conservazione e la scena pone Ambrogio ieraticamente al centro della composizione in piedi su base litica. In mano destra il pastorale; nella sinistra alzata e minacciosa ostende sicuramente un flagello, per quanto flagellato ne è alla vista questo da distacchi della pellicola pittorica e riassorbimento dei pigmenti originari. Pallio su pianeta rossa; volto d'espressione risoluta, mitria su capo.
Due giovinetti, ai lati, sono fasciati da emblemi loricati: corazza ma priva di elmo e ciascuno porta spada grande elsa di fattura cinquecentesca. Quello a destra mostra la corazza e mantello su braccia; l'altro, a sinistra, manto su corazza. La scena tutta appare inquadrata da due colonne brunite, a malapena visibili in quanto fortemente interessate da degrado chimico e meccanico; in alto panneggio rosso - in origine porpora - funge da fine di scena.
L'impianto presenta che in origine il dipinto aveva riquadratura esterna terminante a timpano nella parte superiore. Visibili le aggiunte in alto e nel lato sinistro. Il menzionato panneggio rosso sembrerebbe essere stato raffigurato, in origine, quale appunto pendente come un nastro dai due lati obliqui del timpano superiore.
Il tutto depone per un originario impianto attinente ad un polittico, o comunque ad una pala d'altare sormontata da una cimasa o pittorica o lignea. Per la tipologia a timpano, nelle opere di Liberale, ved. la scheda "Anonimo , Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale. Cristo nel sepolcro sorretto da due angeli", della Collezione Zeri, di cui: http://fe.fondazionezeri.unibo.it/catalogo/scheda.jsp?decorator=layout&apply=true&tipo_scheda=F&id=56338&titolo=Anonimo+%2c+Giovanni+Ambrogio+Bevilacqua%2c+detto+Liberale.+Cristo+nel+sepolcro+sorretto+da+due+angeli+-+insieme
Idem per la proposizione del panneggio superiore come festone appeso.
Le numerose macchie bianche apparirebbero quali colature da pigmenti estranei al dipinto.
Notevole la dolcezza del volto del santo giovinetto sulla sinistra, come, ancora di più, la mano destra dello stesso. Questi due particolari, che qui si segnalano, avvicinerebbero la fattura del dipinto maggiormente agli ultimissimi anni del XV o proprio primo decennio del XVI. Ma particolari che pur se di possibile datazione non incompatibile con i lineamenti biografici di Giovanni Ambrogio detto Liberale, rimangono sempre particolari di un molto forse troppo riecheggiare di una memoria dei moduli di emuli e seguaci della locale scuola leonardesca.
Il quadro, per Paolo Mezzanotte sicuramente raffigurante Ambrogio fra Gervaso e Protaso, è dallo stesso attribuito con qualche perplessità al Bevilacqua; viene infine dichiarato quale proveniente dalla pristina collocazione nella terza cappella a man destra. (cfr. P. Mezzanotte - Giacomo Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Edizione Bestetti Tumminelli, 1948, Milano, pag. 1034).
Per le vesti pontificali di Ambrogio, ved.:
Waddesdon
Saint Ambrose and Saint Sebastian
Attributed to:Bevilaqua, Giovanni Ambrogio (active 1481-1512)previously attributed to Milanese School
previously attributed to Macrino d' Alba (Italian, active 1495-1515)
previously attributed to Lombard SchoolDate:1485-1490dated stylisticallyPlace of Production:Milan, ItalyMedium:oil on panelType of Object:altarpieces
paintingsAccession number:873
Two panels at Waddesdon (see also acc. no 872) once belonged to a large polyptych altarpiece from Milan dedicated to Saint Francis and the Virgin. They were painted by a little-known artist whose work demonstrates
both the taste for excessive ornamentation at the Sforza court, and new innovations brought to the city by visiting artists. This panel originally formed the left-hand side of the lower register.
Physical description
Dimensions (mm):1080 x 572 - sightSignature & Date:not signed or datedInscriptions:SCS. AMBROXIVS
Inscription
lower left to lower centre, on the orphry of Ambrose's dalmaticLabels:MILANESE SCHOOL
15th century
Label
on frame, lower centre
History
Provenance description:Owned by Mrs Baring from the Revelstoke branch; bought by Alice de Rothschild (b.1847, d.1922) from Mrs Baring via Durlacher Brothers, London, for £400 for both paintings, receipt dated 15
August 1905, as by Macreno d'Alba; inherited by her great-nephew James de Rothschild (b.1878, d.1957); accepted by The Treasury Solicitor in lieu of taxes on the Estate of Mr James de Rothschild in 1963; given to
Waddesdon The Rothschild Collection (The National Trust) in 1990.Collection:Waddesdon, The Rothschild Collection (The National Trust)
Accepted by HM Government in lieu of inheritance tax and allocated to the National Trust for display at Waddesdon Manor, 1990.
Waddesdon Manor, Aylesbury, Bucks, HP18 0JH.
(http://collection.waddesdon.org.uk/search.do;jsessionid=B5F2249903AB9855631A4BEC8339CF66?id=41131&db=object&page=1&view=detail)
Per la scheda Fondazione Zeri:Fondazione Federico Zeri Fototeca Biblioteca Epigrafi Homepage English version Anonimo ligure sec. XV/ XVI , Cristo in pietà e angeli - CODICI Numero scheda 23472.
Serie Pittura italiana - Numero busta 0272 - Intestazione busta Pittura italiana sec. XV. Liguria - Numero fascicolo 5 - Intestazione fascicolo Anonimi liguri sec. XV: Emanuele Macari, Giacomo De Carolis, Giacomo
Durandi, Antonio Manchello, Jean Miralheti, Francesco Brea, Francesco Grosso, Andrea Della Costa 1.
OGGETTO Definizione dell’oggetto dipinto
Tipologia dipinto: Soggetto Cristo in pietà e angeli; Materia e tecnica tavola; Unità di misura cm: Altezza 62; Larghezza 63.
AUTORE Autore Anonimo ligure sec. XV/ XVI -
Motivazione dell'attribuzione Documentazione allegata.
ALTRE ATTRIBUZIONI Nome Giambono Michele.
Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia.
Nome Boccati Giovanni.
Riferimento all'altro autore attr.
Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia: Nome Bevilacqua Giovanni Ambrogio - Pseudonimo Liberale - Motivazione dell'attribuzione Nota anonima sul verso della fotografia.
CRONOLOGIA Indicazione generica sec. XV/ XVI: Da 1475 A 1525
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA Stato Italia - Emilia Romagna - Provincia Parma - Comune Parma.
Denominazione del contenitore Collezione privata - Localizzazione specifica segnalato nel 1993
LOCALIZZAZIONI PRECEDENTI Stato Francia - Regione / Stato federale Ile-de-France - Comune Parigi - Denominazione Asta Drouot Richelieu.
Localizzazione specifica 24 febbraio 1975, n. 11: Stato Stati Uniti d'America - Regione / Stato federale New York - Comune New York (NY) - Denominazione Ehrich Galleries
DOCUMENTI ALLEGATI Tipo memorandum - Autore Zeri F. - Data s.d.
Descrizione Nota manoscritta relativa ad una "Pietà" (con fondo operato), apparsa nella vendita Hotel Drouot, Parigi, 24 febbraio 1975, n. 11, di anonimo ligure sec. XV/XVI.
Scheda Allegato memorandum
SCHEDE FOTO RELATIVE Foto Anonimo , Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale. Cristo nel sepolcro sorretto da due angeli - insieme
Foto Anonimo , Anonimo ligure - sec. XV/ XVI - Cristo in pietà e angeli - insieme
Foto Anonimo , Giambono. Venetian Primitive. "Eucharistic Ecce Homo" - insieme
© 2003 - 2013 Fondazione Federico Zeri.
Su Giovanni Ambrogio Bevilacqua, detto Liberale:
BEVILACQUA, Giovanni Ambrogio, detto Liberale
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
di Franco Mazzini
BEVILACQUA, Giovanni Ambrogio, detto Liberale. - Nacque quasi certamente a Milano, intorno alla metà del sec. XV, da un Pietro falegname. Immatricolato all'Arte dei pittori nel 1481, risulta fra gli artisti che lavoravano per il duca Francesco Sforza. Nella chiesa parrocchiale di Landriano (Milano) vi sono due affreschi datati 1485, uno dei quali, raffigurante S. Rocco tra i ss. Sebastiano e Cristoforo,èfirmato "Ambrosius de Beacquis". Un affresco parimenti firmato e datato 1486, oggi perduto, è descritto dal Torre (1674) come esistente sulla facciata del Luogo pio di carità, a Milano; del 1487 è una citazione, per un lavoro imprecisato, in un registro di spese della fabbrica del duomo di Milano (Albuzzi, Calvi); nel 1495 il B. esegue un restauro per l'Ospedale Maggiore. Di una sua attività alla certosa di Pavia - verosimilmente accanto al Bergognone, negli ultimi anni del Quattrocento - fa cenno il Rio, ma si ignora la fonte di tale notizia. Del 1502 infine è la pala di Brera, Madonna col Bambino e santi,firmata "Io. Ambrosius de Beaquis - dictus Liberalis". Dopo il 1512, anno in cui risulta testimonio in un atto pubblico, non si hanno più notizie di lui. è infatti molto improbabile, sulla base dei responso stilistico, che l'Ambrogio da Vigevano, che nel 1514 sottoscriveva insieme con Cristoforo de' Mottis gli affreschi della "Madonnina" a Cantù, sia il Bevilacqua.
Nelle prime opere documentate, gli affreschi di Landriano, il B. appare come un pittore di livello provinciale, ma padrone di un suo linguaggio di ispirazione prevalentemente foppesca: vedi le rustiche figure dei tre santi (nell'affresco firmato) e i ritratti dei devoti (nell'altro affresco con la Vergine in trono, il Bambino, s. Giovani Battista e s. Antonio abate),affini ai Bottigella della omonima pala pavese del Foppa. Non sembra quindi, potersi definire il B. il "dolce scolaro del Bergognone" come ritiene il Malaguzzi Valeri (1902), anche se molte afinità possono riconoscersi fra i due pittori. A distanza di oltre quindici anni, la pala braidense del 1502 rivela un artista più maturo che si esprime nei modi tipici, ma più convenzionali e generici della pittura lombarda di fine secolo, non senza qualche venatura leonardesca.
Sulla base di questi pochi dipinti documentati, il Malaguzzi Valeri ha imbastito un catalogo comprendente parecchie opere, peraltro ineguali di livello e di stile, alcune delle quali possono però ragionevolmente ascriversi al B.: la Madonna col Bambino,singolare dipinto su tavola con parti ricamate e ornate di vetri e genune, della raccolta Bagatti Valsecchi di Milano; la consimile Madonna,già Piccinelli, conservata ora nel Museo d'arte antica di Milano (Castello sforzesco); il Presepio delle Gallerie di Dresda (già in S. Maria della Pace a Milano e già attribuito al Bergognone); la tavoletta della Carrara di Bergamo, con la Madonna, santi e un devoto (attribuita al B.
dal Morelli). Qualche dubbio desta invece il trittico in S. Maria di Casoretto (Milano) che dovrebbe essere anteriore agli affreschi di Landriano; e ancor più il trittico di S. Vito a Somma Lombarda (Varese), piuttosto riferibile ai pavesi Chiesa.
Del fratello Filippo, annoverato dal Lomazzo tra i pittori illustri di Milano, non si conoscono opere né si hanno altre notizie.
Fonti e Bibl.: R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia,I,Pavia 1935, p. 305, n. 1287; G. P. Lornazzo, Trattato dell'arte della pittura…,Milano 1584, p. 504; P. Morigi, La nobiltà di Milano,Milano 1619, p. 459; C. Torre. Ilritratto di Milano [1674], Milano 1714 p. 279; C. Bianconi, Nuova guida di Milano…Milano 1787, p. 93; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia,IV,Bassano 1809, p. 175; A. F. Albuzzi, Mem. per servire alla storia de' pittori scultori e architetti milanesi [1776], a cura di G. Nicodemi, in L'Arte,LII (1952), pp. 28 s. dell'appendice; S. Ticozzi, Diz. dei pittori…,I,Milano 1830, p. 158; A. F. Rio, Leonardo et son école,Paris 1855 p. 183; G. L. Calvi. Notizie sulla vita e sulle opere dei Principali pittori…,II,Milano 1865, pp. 235 s.; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda,Milano 1882, p. 119; G. Bernardini, Idipinti dei Museo civico di Pavia,in Rass. d'arte,I(1901), p. 151; K. Woermann, Kat. der koeniglichen Gemäldegalerie zu Dresden,Dresden 1902, p. 51; F. Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del 1400, Milano 1902, pp. 165-187; Id., Maestri minori lombardi,in Rass. d'arte,V(1905), pp. 88 s.; C. J. Ffoulkes-R. Maiocchi, V. Foppa of Brescia,London 1909, pp. 252 e passim;G. Morelli (Lermolieff), Le opere dei maestri ital. nelle Gallerie di Monaco, Dresda, Berlino,Bologna 1886, pp. 203, 422-427; G. B. Cavalcaselle-J. A. Crowe, A hist. of Painting in North Italy,London 1912, II, p. 393; A. Bellini, La pala del B. in S. Vito a Somma Lombarda,1912; G. Nicoderni, La Pinacoteca dell'Arcivescovado di Milano,in Rass. d'arte,XIV (1914), p. 281; A. Venturi, Storia dell'arte ital.,VII,4, Milano 1915, pp. 922 s.; L. Beltrarni, Nuove opere d'arte nei Musei del Castello Sforzesco di Milano….in Rass. d'arte,III(1916), pp. 52 s., 164; P. Toesca, La Casa Bagatti Valsecchi in Milano.Milano 1918, p. 21; A. Venturi, La pittura del '400 nell'Alta Italia,Bologna 1930, p. 28; E. Chinea, Delle antiche botteghe d'arti e mestieri…, in Arch. stor. lomb.,LIX (1932), 1, p. 446; Cat. della Mostra di Leonardo,Milano 1939, p. 204; F. Wittgens, V. Foppa,Milano s.d. (1949), pp. 23, 98; Cat. della Pinacoteca di Brera,a cura di E. Modigliani, Milano 1950, p. 53; C. Baroni-S. Sarnek Ludovici, Pittura lombarda dei '400, Messina 1952, p. 1134; F. Mazzini, in Arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catal.), Milano 1958, p. 131; F. Mazzini, in Affreschi lombardi del Quattrocento,Milano 1965, p. 483; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,III,pp. 559; Encicl. Ital.,VI, p. 844.
(Da: http://www.treccani.it/enciclopedia/bevilacqua-giovanni-ambrogio-detto-liberale_(Dizionario-Biografico)/)
(Nota Losfeld)
(3) [Frontespizio]
XVI LEGISLATURA - CAMERA DEI DEPUTATI - N. 3036
PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dei deputati:
FRASSINETTI, BARANI, BARBIERI, BERGAMINI, BERNARDO, BOCCIARDO, CARLUCCI, CASTIELLO, CATANOSO GENOESE, CENTEMERO, CIRIELLI, COLUCCI, COSENZA, DE BIASI, DE CORATO, DESIDERATI, DI VIRGILIO, DIVELLA, RENATO FARINA, FERRARI, GIRLANDA, GOISIS, HOLZMANN, LAINATI, LAMORTE, LUSETTI, MANCUSO, MANTINI, ORSINI, PELUFFO, PETRENGA, PIANETTA, POLLEDRI, RAISI, REGUZZONI, SAMMARCO, SCANDROGLIO, STUCCHI, TORAZZI, TORRISI, VELLA, VIGNALI
Disposizioni per la valorizzazione della chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano.
Presentata l'11 dicembre 2009.
[p. 1]
Onorevoli Colleghi! - La chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano rappresenta un monumento di straordinario interesse storico e artistico, soggetto alla tutela prevista dall'articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, oltre a rivestire una grande importanza di carattere sociale per l'intera comunità cristiana milanese.
Cenni storici.
Le origini della chiesa di Santo Stefano Maggiore sono antichissime. L'edificio sarebbe stato fondato dall'Arcivescovo di Milano Martiniano nel luogo detto ad innocentes in cui, per volere
dell'Imperatore Valentiniano I, nel 367 dopo Cristo furono giustiziate quattro personalità addette alla magistratura e riconosciute come martiri. In seguito, nell'anno 417, / [ p. 2] l'arcivescovo Martiniano decise di erigere in quel luogo una basilica per porre fine alla venerazione della memoria dei quattro martiri e rivolgere a Dio quel culto.
Durante tutto il Medioevo per distinguere questa chiesa dalle altre presenti in Milano e dedicate a Santo Stefano, viene denominata «Santo Stefano in Brolo», dal nome storico del luogo, o «alla Porta», in riferimento alla pusterla (termine tecnico, riferito agli edifici antichi, per indicare un'angusta porta d'accesso nascosta nelle mura) ora non più esistente.
Un altro appellativo dato a questo edificio era quello di «Santo Stefano alla Ruota» poiché, secondo un'antica leggenda cristiana, all'epoca di Sant'Ambrogio, in un combattimento tra ariani (seguaci dell'Arianesimo) e cristiani, il sangue versato da questi ultimi si rapprese a forma di ruota: nel nartece esterno veniva infatti conservato un bassorilievo in mattone riportante l'iscrizione «Rota sanguinis fidelium», poi andato perso durante i restauri dell'ottocento.
Gli anni 1071 e 1075 risultano fatali per la chiesa di Santo Stefano Maggiore che viene prima danneggiata e poi interamente distrutta da due incendi che colpirono la città di Milano; vescovo in quel periodo era Guido da Velate, che prontamente diede ordine di ricostruire ex novo l'edificio. Secondo autorevoli fonti la basilica medievale andata distrutta nei due incendi del 1071 e del 1075 presentava una struttura del tutto simile a quella realizzata nella ricostruzione del 1076: la pianta dell'edificio doveva essere simile a quella di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia e presentava tre navate absidate divise in sei campate, rettangolari quelle centrali e quadrate quelle laterali, la facciata era a due spioventi con una grande finestra circolare in corrispondenza della navata mediana e la torre campanaria si trovava sul lato della basilica, verso San Bernardino. La chiesa di Santo Stefano Maggiore, per tutto il Medioevo e fino al 1620 era preceduta da un nartece a cinque campate, di cui rimane a testimonianza un pilone con capitello nella sua postura originaria, rinvenuto nel 1924 in seguito alla demolizione di alcuni edifici addossati al campanile seicentesco.
Grande era la devozione delle famiglie nobili milanesi e l'interesse verso questa basilica. Nel 1342 un membro della famiglia Arcimboldi recatosi a Roma e in Palestina ottiene i corpi dei Santi Mammete e Agapito e li dona alla basilica di Santo Stefano Maggiore e le reliquie vengono riposte nella cappella già dedicata alla Beata Vergine Assunta, detta «della Stella».
Il 26 dicembre 1476 la chiesa di Santo Stefano Maggiore fu teatro dell'assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza, giunto alla basilica per le celebrazioni del Santo patrono.
Il secolo XVI è un periodo di grandi interventi di restauro e di ammodernamento.
Nel 1532 Teodoro Trivulzio lasciò la somma di 10.000 ducati per erigere una cappella gentilizia dedicata a San Teodoro martire e per opere di abbellimento della chiesa stessa. Questo legato testamentario non trova compimento se non nel 1591, quando l'Arcivescovo Gasparre Visconti dà inizio a ingenti lavori di restauro, in attuazione delle disposizioni dettate da Carlo Borromeo in occasione della sua prima visita pastorale, risalente al 1567. Gli interventi di maggiore rilievo voluti dall'arcivescovo Borromeo sono: la ricostruzione della cappella maggiore, che prevedeva l'allungamento del presbiterio e l'edificazione di una nuova abside, l'eliminazione degli altari addossati ai pilastri della navata e la sostituzione di alcuni altari delle cappelle laterali. A causa della scarsezza di mezzi finanziari, il restauro delle cappelle e delle navate laterali fu disposto solo nel 1609 da Federico Borromeo.
Una nota di particolare interesse è la trasformazione nel 1572 della chiesa di Santo Stefano Maggiore in basilica stazionale per la concessione di indulgenze, sull'esempio delle sette basiliche di Roma.
Nel corso del XVII secolo vengono ultimati i lavori di ristrutturazione della chiesa.
Nel 1620, e precisamente il 18 giugno, la soprastanzeria di Santo Stefano ottiene [p. 3] il permesso di atterrare il portico, perché cadente e rovinoso ed è proprio in questa occasione che viene fatta riadattare la facciata su disegno dell'architetto Aurelio Trezzi. Il progetto prevedeva, inoltre, di allungare l'edificio di due campate occupando lo spazio del portico e dando maggior ampiezza alla chiesa. I lavori di restauro delle navate laterali vengono terminati nel 1637.
Nel 1642 crolla il campanile medievale e viene scelto il disegno dell'architetto Buzzi per erigere quello nuovo. Il crollo del campanile provocò ingenti danni anche alla facciata dell'edificio, che fu prontamente restaurata, nonostante la penuria di risorse finanziarie.
Nel corso del XVIII secolo continuano i lavori di restauro, cercando di dare un aspetto uniforme allo spazio interno della chiesa. Nel 1702 il canonico Giovanni Visconti dona alla parrocchia di Santo Stefano la sua casa, che viene rasa al suolo per costruire la nuova sacrestia, opera dell'ingegnere Francesco Bianchi, a fianco della cappella Trivulzio.
Il 18 maggio 1798 il Direttorio della Repubblica Cisalpina ordina la soppressione della collegiata e tutti i suoi beni vengono avocati alla nazione.
Il XIX secolo è caratterizzato da una serie di modifiche apportate all'edificio. I restauri attuati in questo secolo sono volti a operare un ammodernamento della navata centrale rendendola più attinente allo stile delle cappelle, che sembravano appartenere a un altro edificio.
Un altro terribile incendio colpì la basilica nel 1873 e si dovette quindi procedere a nuovi restauri: nel 1876 si intervenne sulla facciata e nel 1883 venne restaurato il campanile, per opera dell'ingegnere Battista Salvioni. Nell'ultimo decennio dell'Ottocento furono attuati i lavori di restauro nell'interno dell'edificio: nel 1832 Gaetano Besia rinnova la navata centrale, appoggiando ai pilastri emicolonne scanalate di ordine ionico e appesantendo la trabeazione; Cesare Nava orna le pareti e l'ordine della navata secondo il gusto dell'epoca, con fregi in stucco, dorature e intarsi marmorei; sono rinnovati l'altare, il pulpito e le cantorie e sono restaurati i dipinti. Nel 1875 fu restaurata anche la facciata nelle cui nicchie furono collocate alcune statue di Antonio Brilla.
Tra le opere pittoriche conservate nella basilica di Santo Stefano Maggiore meritano particolare menzione il «Noli me tangere» di Fede Galizia del 1616 e la «Trasfigurazione» di Giulio Cesare Procaccini, oggi depositati momentaneamente presso la pinacoteca di Brera per interventi di restauro, in attesa di essere ricollocati presso il presbitero della chiesa di Santo Stefano Maggiore una volta che saranno ultimate le operazioni di restauro.
Le cappelle custodiscono, inoltre, tele di notevole pregio artistico, alcune delle quali d'incerta attribuzione a causa del cattivo stato di conservazione. Tra queste opere sono meritevoli di menzione: una «Natività» del Fiammenghino, «Sant'Anna», «La Madonna e il Bambino» di Federico Bianchi e «Il Martirio di Santo Stefano» attribuito a Francesco Cairo.
Nella chiesa ebbero sepoltura illustri personaggi, tra cui il cardinale Giangiacomo Teodoro Trivulzio e Alessandro Rovida, il cui monumento funerario è collocato nella terza cappella di destra. La chiesa fu chiusa al pubblico negli anni ottanta per trasformarla in archivio diocesano e nel 2002 è stata riaperta per attività di culto.
Di grande interesse, infine, è il ritrovamento avvenuto nel febbraio 2007, tra i documenti dell'archivio della chiesa, ora conservati nell'archivio diocesano di Milano, del certificato di battesimo del pittore Michelangelo Merisi, detto «il Caravaggio» avvenuto il 30 settembre 1571 proprio nella chiesa di Santo Stefano Maggiore di Milano.
Importanza sociale.
La chiesa di Santo Stefano Maggiore, essendo una delle più antiche chiese milanesi e sorgendo nel centro della città, riveste l'importantissimo ruolo di struttura satellite per tutte le celebrazioni che hanno sede nel Duomo e cruciale sarà la sua funzione nel 2012, quando la città di / [p. 4] Milano ospiterà l'importante sinodo mondiale delle famiglie, con la visita ufficiale del Papa e con un afflusso di fedeli provenienti da ogni parte del mondo stimato in diverse migliaia.
Per tale evento, la piena funzionalità della chiesa di Santo Stefano Maggiore sarà determinante per consentire un ottimale svolgimento delle celebrazioni e un'adeguata accoglienza di tutti i partecipanti.
Attualmente la chiesa di Santo Stefano Maggiore è concessa in uso alla comunità latino-americana.
Ogni domenica questo edificio accoglie più di duemila latino-americani, costituendo un centro nevralgico dell'intero ufficio per la pastorale dei migranti della diocesi di Milano. Tale ufficio ha il compito di promuovere:
a) lo studio del fenomeno immigratorio e il suo monitoraggio;
b) una concreta accoglienza con interventi di aiuto, di coscientizzazione e di coinvolgimento dell'intera comunità cristiana;
c) l'evangelizzazione degli immigrati;
d) la formazione degli operatori delle strutture ecclesiali che si interessano del fenomeno immigratorio;
e) il collegamento tra le diverse iniziative ecclesiali e il loro coordinamento;
f) l'attuazione di più adeguati provvedimenti da parte dell'autorità civile.
Sicuramente meritevole di menzione è l'appuntamento annuale, di grandissimo richiamo per l'intera comunità dei migranti, della processione del Señor de los Milagros, che in un contesto di migrazione è diventata devozione molto sentita da moltissimi latino-americani e italiani.
La devozione è rivolta alla sacra Imagen del Cristo Crocifisso - risalente al XVII secolo - disegnata da uno schiavo angolano sul muro di una povera casa di Lima e sopravvissuta nei secoli a numerosi eventi calamitosi. Copia di tale Imagen è appunto conservata presso la chiesa di Santo Stefano Maggiore, attuale sede della confraternita.
Interventi di ristrutturazione.
Sulla base di un'attenta analisi dello stato delle varie strutture e dei diversi elementi interni ed esterni, la Chiesa di Santo Stefano Maggiore necessita dei seguenti interventi:
1) completamento degli interventi sugli esterni;
2) un nuovo impianto di riscaldamento a pannelli radianti sotto la pavimentazione per tutto l'edificio, completo di una nuova centrale termica e delle canalizzazioni necessarie;
3) realizzazione di nuova pavimentazione in marmo per tutta la chiesa, ad eccezione della cappella Trivulzio e della sacrestia;
4) bonifica degli ambienti maggiormente interessati da umidità da risalita, consolidamento strutturale con inserimento di barre filettate e con interventi sugli elementi e verifica del tensionamento delle catene;
5) revisione dei serramenti lignei e metallici e dei vetri;
6) restauro dei manufatti lignei: pulpito, balconate, coro, boiserie (intarsi e incisioni) del presbiterio, capocielo, bussole e scultura sopra la bussola centrale, portoni e copertura del fonte
battesimale;
7) nuovo impianto elettrico, di illuminazione, di diffusione sonora e antintrusione;
8) restauro delle superfici decorate di elementi in marmo e in pietra naturale, intonaci, stucchi e suppellettili varie;
9) installazione di centraline per la deumidificazione elettrofisica, allo scopo di eliminare l'umidità contenuta nelle murature;
10) restauro e riposizionamento delle tele a parete e delle pale d'altare, attualmente rimosse per preservarle dal degrado;
11) installazione di linee vita lungo il cornicione;
12) realizzazione del nuovo arredo liturgico;
13) restauro completo dell'organo. /
[p. 5]
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).
1. In considerazione della rilevante importanza storica, artistica e sociale della Chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano è disposta la realizzazione di un progetto finalizzato alla valorizzazione culturale, ambientale ed architettonica della Chiesa, di seguito denominato «progetto».
Art. 2.
(Caratteristiche del progetto).
1. Il progetto è realizzato attraverso azioni di analisi, monitoraggio e risanamento strutturale, interventi di ristrutturazione architettonica e di restauro del patrimonio artistico, nonché attraverso azioni di promozione di eventi socio-culturali.
Art. 3.
(Istituzione di un fondo per l'attuazione del progetto).
1. Per la realizzazione del progetto è istituito un fondo speciale, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, con una dotazione di 3.900.000 euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012.
Art. 4.
(Istituzione del Comitato nazionale per la valorizzazione della Chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano e per la gestione del fondo speciale).
1. Il fondo speciale di cui all'articolo 3 è gestito dal comitato nazionale per la / [p. 6] valorizzazione della Chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali.
2. Sono membri del comitato nazionale per la valorizzazione della Chiesa di Santo Stefano Maggiore in Milano:
a) il presidente, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra soggetti aventi comprovata esperienza nel campo della valorizzazione dei beni culturali;
b) un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali;
c) un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
d) un rappresentante del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
e) il sindaco del comune di Milano o un suo delegato;
f) un rappresentante della provincia di Milano;
g) un rappresentante della regione Lombardia;
h) il legale rappresentante dell'ente parrocchia di Santo Stefano Maggiore;
i) il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della regione Lombardia o un suo delegato;
l) il delegato diocesano per i rapporti con le soprintendenze;
m) il vicario dell'arcivescovo per la città di Milano;
n) due esperti nominati, tra ricercatori o docenti universitari, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.
3. Ai componenti del comitato di cui al comma 2 spettano solo i rimborsi delle spese sostenute nell'ambito delle attività svolte in seno al medesimo comitato e / [p. 7] autorizzati dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Art. 5.
(Copertura finanziaria).
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, pari a 3.900.000 euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. //
Nessun commento:
Posta un commento