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domenica 21 agosto 2011

Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. San Michele. Cripta. 1.

Scultura, marmo.

(Ove non diversamente indicato le foto sono di Giovanni Pititto. Pavia, 2011)

 Pavia. San Michele. Cripta. 
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura, marmo.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura, marmo.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.
 Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.
Pavia. San Michele. Cripta. Scultura. Variazioni su un capitello.









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Viaggiare. Dentro. Fuori.











giovedì 18 agosto 2011

Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. Via Villa Glori, 8. Piazzette. Resti di affreschi votivi. Una birra sotto Carlo Cassola, duunviro. Il tutto all'insegna di Sirene in cartelli stradali. Andiamo a trovare il pittore Pasquale Massacra?

(Ove non diversamente indicato le foto sono di Giovanni Pititto)

 Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. Via Villa Glori, 8. Piazzette. 
 Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. Via Villa Glori, 8. Resti di affreschi votivi. 

 Una birra sotto Carlo Cassola, duunviro (Pavia 1814 - 1894). 

 (Il testo dell'epigrafe)

CARLO CASSOLA
DUUNVIRO DI BRESCIA EROICA
QUI' SOPRAVVISSE
PENSOSAMENTE SERENO
AL SACRIFICIO FECONDO DI UN POPOLO
FIDENTE
NEL TRIONFO DELL'IDEALITÀ
LUCE E GLORIA DELLA SUA PAVIA

Note biografiche
Laureato in Giurisprudenza nell'ateneo pavese, di idee mazziniane, fu uno dei duumviri, assieme a Luigi Contratti, che nel 1849 ressero Brescia liberatasi dalla guarnigione austriaca; il generale Nugent, che si era asserragliato nella cittadella, morì negli scontri. Ma dopo poco ritornarono le truppe imperiali rafforzate da nuovi contingenti, guidate dal generale von Haynau, che per la ferocia del suo operato fu chiamato «Iena» (con un gioco di assonanza sul suo cognome). Brescia, difesa da comuni cittadini riforniti di poche armi e stremata dal fuoco nemico, si arrese subendo ogni sorta di atrocità. Cassola, come molti altri combattenti per la libertà, dovette riparare in esilio "e lo fece con molta eleganza: Si limitò a vestirsi tutto di nero, a prendere a nolo una carrozza nera con cocchiere in nero, e così si mescolò al corteo dei dolenti austriaci, che accompagnavano alla sua tomba il Generale Nugent (quello che dalla rocca posta sulla collina che domina Brescia, aveva bombardato la città)... All'altezza dell'ingresso al cimitero, tutte le carrozze nere svoltarono ed entrarono, ma il nostro Carlo fece invece proseguire la sua, e presto se ne liberò, dirigendosi invece a piedi verso le Alpi... In mezzo alla neve, ormai lasciato dal contrabbandiere, che gli aveva indicato con la mano la direzione da seguire, all'improvviso si trovò faccia a faccia con un orso: bello grande e ritto sulle zampe di dietro. Si guardarono, e poi il mio bisnonno, terrorizzato, si mise a cantare a gran voce un brano d'opera. Questo spaventò l'orso, che scappò da una parte, mentre Carlo fuggiva dall'altra!". 

Rimase qualche tempo a Capolago, in Svizzera, dove diede alle stampe alcuni opuscoli, fra cui un resoconto delle eroiche dieci giornate di Brescia (23 marzo-1 aprile 1849); poi si rifugiò a Londra e solo dopo l'Unità tornò in Italia stabilendosi a Volterra, dove svolse l'attività di magistrato. Ormai vecchio, tornò a Pavia. 

Il suo corpo fu richiesto dalla città di Brescia perché fosse ospitato nel famedio degli eroi; qui tuttavia non ha avuto l'onore atteso, poiché sul monumento non sono riportati i nomi dei personaggi illustri che vi riposano e l'apparato scultoreo è in cattivo stato di conservazione.
Era il nonno dell'omonimo romanziere.



(traggo queste notizie su Cassola da: http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=1631 )

Per saperne di più: http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=1631

Carlo Cassola e le X Giornate di Brescia
INSURREZIONE 
DI BRESCIA 
ED ATTI UFFICIALI
DURANTE IL MARZO 1849
ESPOSTI
DA CARLO CASSOLA
MEMBRO
DI QUEL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA
******

A
GIUSEPPE MAZZINI
TRIUMVIRO DELLA REPUBBLICA ROMANA
APOSTOLO DELLA LIBERTÀ
PERCHÉ RAPPRESENTA TUTTA LA FORZA DELLA FEDE
TUTTA L'ENERGIA DELL'AZIONE
NELLA RIGENERAZIONE DEL POPOLO
NELLA NAZIONALIZZAZIONE DELL'ITALIA
QUESTE MEMORIE PATRIE
CARLO CASSOLA
CONSACRA
*****

  Il tutto a Pavia all'insegna di Sirene in cartelli stradali. 



***
Sirene. Sirene stupende. Sirene bellissime. 

Pacifico Buzio, Imelda de’ Lambertazzi presso il cadavere dell’amato, 1864. Pavia, Musei Civici. Pinacoteca Malaspina. Quadreria dell’Ottocento. 

E non solo. 



Questa foto, di GP da edizioni a stampa, è appunto la copertina dell'opera: 

Godi - Sisi, La tempesta del mio cor...
Livello bibliografico Monografia
Tipo documento Testo a stampa
Titolo La tempesta del mio cor: il gesto del melodramma dalle arti figurative al cinema / a cura di Giovanni Godi e Carlo Sisi
Pubblicazione \Milano! : Mazzotta, stampa 2001
Descrizione fisica 198 p. : ill. ; 25 cm
Note generali 
· Mostra tenuta a Parma nel 2001.
Numeri 
· [ISBN] 88-202-1477-6
· [BNI] 2001-7285
Variante del titolo 
· La tempesta del mio cor., Tit. sul dorso
Nomi 
· Godi, Giovanni
· Sisi, Carlo
Soggetti 
· Melodramma - Fortuna - Italia - Sec. 19.-20. - Esposizioni - Parma - 2001 
· Passioni nell'arte italiana - Sec. 19.-20. - Esposizioni - Parma - 2001 
· Passioni - Iconografia - Sec. 19.-20. - Esposizioni - Parma - 2001
Classificazione Dewey 
· 782.10945 (21.) FORME VOCALI DRAMMATICHE OPERE. Italia
Lingua di pubblicazione ITALIANO
Paese di pubblicazione ITALIA
Codice identificativo IT\ICCU\TO0\0956562
MusicArte - ArteMusica. Le Arti figurative nel Melodramma Italiano. Un felice connubio. 

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E... proseguiamo per la bella Pavia. Città in cui di Bellezza vi è Pasquale...


 Pavia. Portali. Portoni. Altamente consigliato non telefonare: Nella Via si Massacra.

Pasquale Massacra. Pictor insigne in Papia. 
Pasquale Massacra, Donna in rosso. Pavia, Musei Civici. Pinacoteca Malaspina. Quadreria dell’Ottocento. 

Pasquale Massacra. Pictor insigne in Papia. 
Pasquale Massacra, La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nella espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l'anno 1315, olio su tela, 177 x 231 cm.
Pavia, Musei Civici. 
Il fulcro della Narratio. 
Il dramma familiare, l'angoscia personale, il centro dell'azione. 

Pasquale Massacra. Pictor insigne in Papia. 
 Pasquale Massacra, La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nella espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l'anno 1315, olio su tela, 177 x 231 cm.
Pavia, Musei Civici. Il dipinto nella veduta d'insieme.

Pasquale Massacra. Pictor insigne in Papia. 
Pasquale Massacra, La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nella espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l'anno 1315, olio su tela, 177 x 231 cm.
Pavia, Musei Civici.
Il fulcro della Narratio: la Scena espunta dalla scena.

Pasquale Massacra. Pictor insigne in Papia. 
Carlo Sara (1844 - 1905), Morte di Pasquale Massacra, 1899, olio su tela; cm. 215 x 140. Pavia Musei Civici: N. Inv: P 572. Collocazione: esposizione - Museo del Risorgimento

Notizie Storiche: Il dipinto è probabimente del 1899, cinquantesimo della morte del pittore Paquale Massacra, artista e patriota, attorno alla cui fine per mano austriaca a soli 30 anni si alimenta un mito anche letterario. In particolare si sovrappone la sua vicenda a quella da lui dipinta in uno dei suoi capolavori, cioè quella del giovane Ricciardino Langosco, tradito e ucciso nel tentativo di difendere Pavia.
(Da: credits sul dipinti: Alef - cultural project management )
(Da: http://www.museicivici.pavia.it/risorgimento/opera.php?id_opera=O61&id_sala=&posizione= ) 


Archivio > la Provincia Pavese > 2009 > 09 > 23 > Pasquale Massacra, storia...
Pasquale Massacra, storia e mito
PAVIA. Titolo: Impeto e poesia. Sottotitolo: Pasquale Massacra, pittore romantico tra storia e mito. La stagione di mostre autunnale del Castello Visconteo si apre domani (inaugurazione ore 19) con un'importante monografica curata da Susanna Zatti e dedicata a un grande protagonista dell'Ottocento, il pavese Pasquale Massacra (1818-1849). 
La mostra presenta una settantina di opere che delineano il percorso creativo del talentuoso maestro di cui Francesco Hayez aveva predetto un glorioso avvenire, ma la cui vicenda artistica si era sfortunatamente incrociata con l'adesione agli ideali patriottici antiaustriaci, tanto da condurlo alla morte a soli trent'anni.
Sensibile innovatore del genere storico (in una direzione che sarà condivisa da Domenico Morelli e Federico Faruffini), Massacra ricercava la verità senza tralasciare la sincerità degli affetti dei personaggi raffigurati nelle sue composizioni. Accolto all'Esposizione di Brera del 1846 (con l'opera La madre di Ricciardino Langosco in cerca del cadavere del figlio) come un nuovo protagonista della pittura di storia in Italia, si era distinto infatti per la capacità di condurre lo spettatore alla commozione e alla riflessione, rivestendo di 'impeto e poesia" il messaggio morale insito nelle sue opere. Fece una brutta fine, ucciso a tradimento fuori da un'osteria, e il corpus delle sue opere venne messo all'asta e disperso nel corso degli anni. Ma la città di Pavia, attraverso i Musei Civici, è riuscita col tempo a recuperare gran parte dei lavori: le opere, pervenute in tempi e occasioni diverse (per donazione di Maria Marozzi a nome del patrigno Giuseppe, per acquisto del Municipio presso le sorelle Massacra, dalle raccolte della Civica Scuola di Pittura, per lasciti e doni di collezionisti locali), sono oggi numerose e seguono l'intero arco della pur breve esperienza d'arte a cominciare dal Paesaggio con macchiette, un acquerello che un'iscrizione ci dice eseguito nel 1833 (Massacra aveva 14 anni) alla coppia di fermausci a forma di paggio e alle due insegne per il negozio di un arrotino che si collegano con l'esperienza di garzone-decoratore presso la bottega dei Santi, al cartone dell'affresco Madonna col Bambino eseguito nel 1838 per un'edicola lungo la strada da Pavia a Belgioioso, al bozzetto per l'orologio dell'Università, agli schizzi e le opere lasciate incompiute. In mostra molti dei disegni preparatori per le grandi tele, utili allo spettatore per comprendere meglio il percorso e le scelte dell'artista, e insieme ci saranno le pianelle su cui Massacra esercitava la tecnica dell'affresco e gli spolveri degli affreschi realizzati in cambio di una scodella di minestra nelle cascine del pavese e nelle case signorili, Madonne e Crocifissioni per lo più, ma anche temi mitologici e allegorici come la Salute del 1846, sullo scalone di casa Cairoli, Amore e Psiche in casa Spairani o la Giovinetta col secchio nella casa del farmacista Ferretti. Per i disegni è stata necessaria una cernita, mentre le tele della collezione pavese sono esposte tutte.
Divise in quattro grandi sezioni tematiche (soggetti storico letterari, soggetti religiosi, ritratti e soggetti vari), spiccano tra le altre il noto La madre di Ricciardino Langosco in cerca del cadavere del figlio, con cui si era distinto all'Esposizione di Brera del 1846, i bozzetti per Sant'Antonio offre ai poveri i suoi averi, non un affresco, ma un'enorme tela da dipingere in studio sulla base dei numerosi disegni che registrano le diverse varianti compositive. E infine, l'impresa più ambiziosa del Massacra, la grande tela di Fra Jacopo Bossolaro che dal carroccio arringa il popolo eccitandolo contro i Beccaria, un tema di storia locale trecentesca, suggerito ancora una volta da Carpanelli.
Chiara Argenteri
(Da: http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2009/09/23/PJAPO_PJA01.html?refresh_ce )


23/9/2009
Pasquale Massacra
SCUDERIE DEL CASTELLO VISCONTEO, PAVIA
Impeto e poesia. L'esposizione monografica presenta 60 opere per ripercorrere la produzione del maestro pavese, la cui vicenda artistica si incrocia con l'adesione agli ideali patriottici antiaustriaci. Artista del Romanticismo italiano, Massacra venne accolto come nuovo protagonista della pittura di storia. A cura di Susanna Zatti.

COMUNICATO STAMPA
a cura di Susanna Zatti 

60 opere delineano il percorso creativo del talentuoso maestro di cui Francesco Hayez aveva predetto un glorioso avvenire, la cui vicenda artistica si incrocia con l’adesione agli ideali patriottici antiaustriaci, che lo condussero alla morte a soli trent’anni. 

Pavia celebra PASQUALE MASSACRA (1819-1849), uno dei suoi artisti più noti e apprezzati, con una mostra monografica, dal titolo Impeto e Poesia, che si tiene dal 25 settembre al 13 dicembre 2009 nelle Scuderie del Castello Visconteo. 
Curata da Susanna Zatti, l’esposizione presenta 60 opere in grado di ripercorrere la produzione del talentuoso maestro pavese, la cui vicenda artistica si incrocia 
con l’adesione agli ideali patriottici antiaustriaci, che lo condussero alla morte a soli trent’anni. 
Un appuntamento destinato a rivelare, anche a quanti non ne hanno finora conosciuto e apprezzato il lavoro, l'indubbio valore di un artista del Romanticismo italiano destinato a un sicuro successo e a più alta fama, se la morte prematura non ne avesse interrotto il percorso creativo. 
Sensibile innovatore del genere storico - in una direzione che sarà condivisa da Domenico Morelli e Federico Faruffini - Massacra ricerca la verità senza tralasciare la sincerità degli affetti dei personaggi raffigurati nelle sue composizioni. Accolto all'Esposizione di Brera del 1846 come un nuovo protagonista della pittura di storia in Italia, si distingue infatti per la capacità di condurre lo spettatore alla commozione e alla riflessione, rivestendo di “impeto e poesia” il messaggio morale insito nelle sue opere. 
La sua parabola artistica si sovrappone a quella umana lungo tutto il corso della sua breve esistenza, sin dalla tenera età. Nato da una famiglia di umili origini, rivela ben presto la sua vocazione alla pittura, così da abbandonare la scuola elementare, già al secondo anno, per mettersi a bottega da un intagliatore di ornato e diventare successivamente aiutante del decoratore e verniciatore Paolo Santi. 
Il suo talento naturale viene segnalato da un notabile pavese al professor Cesare Ferreri il quale, malgrado Pasquale non sia dotato della necessaria istruzione, lo ammette alla Scuola di Nudo e Incisione, dove segue i corsi di disegno, plastica e pittura sino al 1841. 
Si dedica a numerose committenze - fra cui quelle di pavesi illustri come Carpanelli e Marozzi - realizzando soprattutto soggetti storici e patriottici. Da Pavia la fama dell'artista giunge a Milano. 
Le sue opere presentate all'Accademia di Belle Arti di Brera ricevono giudizi estremamente favorevoli e Massacra, ancora giovanissimo, viene salutato come un potenziale innovatore della futura pittura italiana. Il pittore Francesco Hayez, con cui ha diversi contatti, diviene per lui un prodigo consigliere. Ma ancora una volta la vicenda umana e quella artistica di Pasquale Massacra si compenetrano; nell’agosto del 1848, con il ritorno degli austriaci a Pavia, si rifugia in territorio piemontese, dove ha inizio la sua militanza anti-austriaca. 
La sera del 15 marzo 1849, dopo aver ideato un piano per la diserzione e preparato la fuga, viene tradito da tre militari con cui si era incontrato all’osteria della Madonnina, sul corso Garibaldi. Ne uccide due ma viene ferito a morte. Spira la stessa sera, nell’androne della casa Vittadini di via San Giovanni in Borgo, e la 
salma, sottratta all’Ospedale militare, viene imbalsamata per consentire in seguito una solenne sepoltura. 
Una morte eroica che fa dell'artista un martire della libertà e dell’indipendenza della patria, proprio come Ricciardino Langosco, l’eroe medievale assunto a soggetto del suo quadro più famoso La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nella espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l'anno 1315. 
Il martirio di Massacra dà luogo a una tradizione letteraria, che si sviluppa per tutta la seconda metà dell’Ottocento e anche gli artisti suoi contemporanei - Giovanni Ferreri, Federico Faruffini, Agostino Bellinzona e Giovanni Cavallotti - lo ricordano come un “animoso italiano e sublime artista, caduto pugnando contro l’oppressore nel marzo 1849”. 

Immagine: La madre di Ricciardino Langosco in traccia del cadavere del figlio ucciso nella espugnazione di Pavia per le armi di Matteo Visconti l'anno 1315, olio su tela, 177 x 231 cm - Pavia, Musei Civici 

Produzione e organizzazione: 
Alef – cultural project management 
Corso Italia, 7 – 20122 Milano 
info@alefcultural.com 
http://www.alefcultural.com 

Ufficio stampa: 
CLP Relazioni Pubbliche 
Tel. 02.433403 – 02.36571438 
Fax 02.4813841 
ufficiostampa@clponline.it 
press@clponline.it 

Inaugurazione 24 settembre ore 19 

Scuderie del Castello Visconteo 
Viale XI Febbraio, 35 - Pavia 
http://www.museicivici.pavia.it/
Ved. anche: https://www.youtube.com/watch?v=yIZMQsAADZs





























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Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Piazza Duomo.

(Ove non diversamente indicato le foto sono di Giovanni Pititto. Pavia, 2011)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Italy. Lombardia. Pavia. Vedute e Beni Culturali. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Piazza Duomo. 

Con note su: Deposizione, Compianto e Pietà: differenze. 
Nei Vangeli non viene dato molto spazio alla descrizione di questi episodi, non ci sono dettagli. Un aiuto può venire da un libro noto come la "Guida della pittura del Monte Athos" che si compone di 4 parti: una tecnica, una sui soggetti simbolici e le storie da rappresentare, una sui luoghi più adatti per ogni soggetto e una sulle iscrizioni da usare. Il libro si basa su un manoscritto dei monaci del Monte Athos, tramandato e copiato da generazioni; fu tradotto da Adolphe Napoléon Didron nel 1839 durante un viaggio di studio in Grecia. 

Autore della "Guida della pittura del Monte Athos" è Dionìsio da Furnà. 
Dionìsio da Furnà (gr. Δ. ὁ ἐκ Φουρνᾶ). - Monaco agiografo e pittore, originario di Furnà di Agrafi (Macedonia). Vissuto sul Monte Athos tra il 1701 e il 1733, vi affrescò la cappella di S. Giovanni presso la chiesa del Protaton. Compilò un manuale di pittura (῾Ερμηνεία τῆς ζωγραϕικῆς τέχνης, ms. sul Monte Athos; ed. a cura di Kerameos Papadopulos, 1909; trad. it. Ermeneutica della pittura, 1971) che, accanto alle ricette tecniche, fornisce una ricchissima raccolta di norme iconografiche. Questo manuale, a lungo creduto il riflesso della più antica tradizione bizantina, in realtà è codificazione di una situazione culturale tardobizantina d'impronta veneto-cretese. 
(in Treccani - Enciclopedie on line)


Matteo, cap. 27, 57-61
[57] "Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, anche lui era diventato discepolo di Gesù.
[58] Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
[59] Giuseppe prese il corpo di Gesù, lo avvolse in un lenzuolo pulito
[60]e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò.
[61]Lì, sedute di fronte alla tomba, c'erano lì, Maria di Màgdala e l'altra Maria". (1)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Marco, cap. 15, 42-47
[42] "venuta ormai la sera, poichè era la Parascève, cioè la vigilia del sabato
[43] Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù.
[44] Pilato si meravigliò che fosse già morto, e chiamato il centurione gli domandò se era morto da tempo.
[45] Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
[46] Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce. Lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all'entrata del sepolcro.
[47] Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto." (2)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Luca, cap. 23, 50-56
[50] "Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe membro del sinedrio, buono e giusto.
[51] Egli non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio.
[52] Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.
[53] Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora.
[54] Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato.
[55] Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù,
[56] poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto". (3)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Giovanni, cap. 19, 38-42
[38] "Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
[39] Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe.
[40] Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i giudei per preparare la sepoltura.
[41] Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto.
[42] Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù". (4)


Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Per i riferimenti testuali, cfr.:
(1-4) Vangeli comparati. Deposizione. Da: http://www.sindone.org/santa_sindone/vita_di_fede/00024255_La_Sinossi_dei_Vangeli_della_deposizione.html
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Cenni biografici di Carlo Mo, a cura di Vittorio Fagone.
"Carlo Mo nasce a Piovene Rocchette (VC) nel 1923 e dopo aver compiuto gli studi universitari a Genova e a Pavia dal 1953, dopo un lungo viaggio in Africa centrale, si dedica con successo alla scultura.
La prima partecipazione alla Triennale di Milano che risale al 1954 verrà seguita da molte esposizioni delle sue opere in mostre personali e collettive di grande successo in Italia e all’estero, svolte sino al giorno della sua scomparsa avvenuta a Pavia il 18 agosto 2004.
Si afferma sulla scena artistica internazionale fin dagli Anni ‘60, quando cura le scenografie di concerti e opere teatrali alla Certosa di Pavia e collabora attivamente, in occasione della XV Triennale di Milano nel ‘68, alla realizzazione di Intervento in un centro antico, uno dei primi progetti di isola pedonale in Europa. 
Nel 1969 gli viene affidato dal governo del Madagascar l’incarico per la realizzazione del Monumento al Portatore Malgascio, collocato nel 1970 ad Andapa. 
L’intensa attività artistica ed espositiva prosegue incessantemente negli anni successivi. Le sue opere entrano in molte collezioni pubbliche e private, tra cui il Museo Hirshon di Washington e la collezione privata Betty Parsons, mentre realizza alcune grandi sculture per le città di Pavia, tra cui Gerolamo Cardano, I Longobardi, L’Attesa, Il Sogno e Deposizione, quest’ultima posta nella piazza del Duomo.
Lavora anche a Cesano Boscone (Contro la Violenza: Equilibrio e Determinazione) e soprattutto per la città di Milano per cui realizza Halley, posta all’aeroporto Forlanini; Evoluzione, per la sede del Medio Credito Lombardo di Piazza Cadorna; e infine Equilibrio, una delle prime sculture contemporanee a Milano, posta di fronte al Palazzo della Triennale nel 1972.
Nel 1985 rappresenta la scultura Italiana a Tokio e nel 1986 partecipa alla Quadriennale di Roma.
Tra le ultime opere Do ut Des, per la sede della Camera di Commercio di Milano, e Verso Itaca, per l’Autostrada Milano Serravalle.
Per 10 anni ha tenuto la Cattedra di Scultura presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
Morto il 18 agosto del 2004 il suo nome, per volontà del Comune di Milano, e’ ora tra gli uomini illustri del Famedio del Cimitero Monumentale".
(Da: http://www.egplan.com/Bronzo_Carlo_Mo.html)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo.


 Necrologio di Carlo Mo, a cura di Giuseppe Spatola - Corriere della Sera, 19 agosto 2004, p. 51)
"Addio a Carlo Mo, lo scultore della vita PAVIA - «Voglio portare l'arte fuori dalla bottega dell' artista, in mezzo alla gente, affinché sia alla portata di tutti. 
La mia arte sarà sempre al servizio della collettività». 
Carlo Mo non ha mai avuto dubbi sull'importanza dell'arte, sull'effetto dirompente delle sculture che campeggiano davanti all'aeroporto di Linate o all'ingresso dell' autostrada A7, dove la velocità e il sogno di volare si sono trasformate in materia e hanno preso forma grazie al genio dell' artista pavese. Carlo Mo si è spento a 83 anni, martedì notte, nella sua casa in via Riviera, a Pavia. 
Il maestro era malato da diversi anni ma ha continuato a lavorare, cercando sempre di stupire e provocare con le sue sculture. 
L' ultima opera, un angelo stilizzato, è stata consegnata a Silvio Berlusconi durante la visita al Policlinico San Matteo di Pavia ed esposta a Montecitorio. 
La morte di Mo ha lasciato un vuoto artistico che difficilmente Pavia potrà colmare. Soprattutto tra gli artisti lombardi che proprio da lui - dicono in molti - hanno imparato «a trattare la materia come un essere vivente». 
Eligio Gatti, vicesindaco di Pavia e assessore alla cultura ne ha un ricordo commosso: «Un artista capace di animare il bronzo e far risplendere ogni opera con la sapienza di chi ama il bello. Con Mo avevamo creato un sodalizio che ha reso grande Pavia a livello internazionale. Adesso, per onorare il ricordo del maestro, la città dovrà rimboccarsi le maniche per valorizzare l' arte in ogni sua forma». 
Nato in Liguria, nel dopoguerra Carlo Mo partì per l' Africa centrale. E proprio in Africa riaffiorò in lui l'antica passione per l'arte e lì iniziò l'attività di scultore. 
Poi il trasferimento a Pavia, il sodalizio con la moglie Vanda e i successi che lo hanno portato nel gotha della scultura mondiale. 
Le esequie del maestro si terranno domani mattina, alle ore 11, nella chiesa di San Lanfranco a Pavia".
(Da: http://archiviostorico.corriere.it/2004/agosto/19/Addio_Carlo_scultore_della_vita_co_7_040819013.shtml)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Deposizione, Compianto e Pietà: differenze 
Nei Vangeli non viene dato molto spazio alla descrizione di questi episodi, non ci sono dettagli.
Un aiuto può venire da un libro noto come la "Guida della pittura del Monte Athos" che si compone di 4 parti: una tecnica, una sui soggetti simbolici e le storie da rappresentare, una sui luoghi più adatti per ogni soggetto e una sulle iscrizioni da usare. Il libro si basa su un manoscritto dei monaci del Monte Athos (secondo loro risalente al X-XI secolo), tramandato e copiato da generazioni; fu tradotto da Adolphe Napoléon Didron nel 1839 durante un viaggio di studio in Grecia.

La deposizione dalla croce.
"Dei monti. C'è la croce piantata a terra e una scala appoggiata sulla croce. Giuseppe sale in cima alla scala, tiene Cristo abbracciandolo dalla vita e scende. In basso, la santa Vergine in piedi. Ella riceve il corpo nelle sue braccia, baciandogli il viso. Dietro alla madre di Dio, alcune donne portano dei profumi. Maria Maddalena prende la mano sinistra di Cristo e l'abbraccia. Dietro a Giuseppe, Giovanni il Teologo, ritto in piedi, bacia la mano destra di Cristo. Nicodemo si china e strappa i chiodi dai piedi di Cristo aiutandosi con una tenaglia; vicino c'è un cesto. Sotto alla croce c'è la testa di Adamo, come nella Crocifissione".

Compianto sulla tomba. 
" Una grande pietra squadrata. Sopra, c'è un lenzuolo approntato sul quale è steso il corpo di Cristo. La santa Vergine è inginocchiata, si china su di lui e abbraccia la figura. Giuseppe gli bacia i piedi, il Teologo la mano destra. Dietro a Giuseppe c'è Nicodemo, appoggiato alla scala, e sta guardando Cristo. Accanto alla santa Vergine c'è Maria Maddalena, con le braccia aperte al cielo e piangente; le altre donne, che portano gli aromi, si strappano i capelli. Dietro sta la croce con la sua scritta. Sotto a Cristo il cesto di Nicodemo con i chiodi, le tenaglie e il martello; accanto, c'è un altro recipiente a forma di bottiglietta".

Cristo deposto nella tomba. 
" Un monte, al suo interno c'è una tomba di pietra. Nicodemo vi porta a seppellire il corpo di Cristo; egli lo sorregge dalla testa. 
Fuori dalla tomba la santa Vergine stringe il corpo tra le braccia e lo copre di baci. Giuseppe lo sorregge dalle ginocchia e Giovanni, leggermente curvo, gli sorregge i piedi. Le donne che portano la mirra piangono. La croce si vede dietro al monte".

La Pietà.
L'iconografia della pietà è comunemente considerata di origine nordica. Nata in Germania nel Trecento, dipenderebbe da un testo di Simeone Metafraste del X secolo che racconta della Vergine col cadavere di Cristo sulle ginocchia che si rammenta di quando lo cullava bambino. L'iconografia si diffonde in Francia e a partire dal secondo Quattrocento anche in Italia (maggiormente in ambito pittorico). Esempi noti sono la Pietà di Ercole de Roberti ora a Liverpool, del Perugino agli Uffizi, del Botticino al Musée Jacquemart Andrè di Parigi; in queste opere la Madonna è anziana. Un topos della difficoltà di rappresentare questo soggetto è dato dal contrasto tra il corpo relativamente piccolo della Vergine e l'ingombrante cadavere del Cristo.
(Da: http://www.tatarte.it/mantegna/file/compianto1.htm)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

LA DEPOSIZIONE DI CRISTO IN CROCE DI BEGARELLI
Particolare della deposizione di Cristo dalla croce
Martedì 15 settembre, proprio in occasione della memoria liturgica della Beata Vergine Maria Addolorata, la parrocchia di S.Francesco d'Assisi di Modena ha invitato il Prof. Renato Cavani ad illustrare il significato profondo del gruppo scultoreo firmato Antonio Begarelli, che ritrae proprio il momento drammatico della Deposizione di Cristo dalla Croce. 
L'opera si colloca in un'epoca sconvolta, come sempre, dalle guerre intestine per la conquista del potere politico, economico e religioso: a Roma il Papa era fuggito e le chiese venivano incendiate, l'inquisizione mieteva vittime e Lutero fondava la chiesa protestante, cancellando subito i santi e la loro feconda sofferenza. 
Con grande professionalità ed altrettanto ardimento, l'esperto ha guidato in questo viaggio meraviglioso nel tempo un gruppo di fedeli coraggiosi, costretti a sfidare l'oscurità e la pioggia per raggiungere la chiesa francescana, in cui sono custodite amorevolmente, sin dal 1829, tutte le 13 statue, che compongono il suddetto gruppo. 
Antonio Begarelli era un modenese nato nel 1499, sconosciuto fino all'età di 24 anni, si impose all'attenzione della città in occasione di un'operazione finanziaria della municipalità stessa, dimostrandosi giovane incredibilmente colto e aggiornatissimo riguardo alle tecniche di lavorazione dell'argilla. 
Era considerato un artista all'avanguardia e si era guadagnato la stima dei geni dell'epoca (es. Michelangelo Buonarroti). 
Antonio Begarelli non aveva solo uno straordinario talento artistico, ma anche una profondissima spiritualità cattolica: c'è chi presuppone che avesse preso addirittura i voti diventando "oblato" nella comunità benedettina locale. 
Potrebbe essere accaduto davvero, perché allora i benedettini non gestivano alcuna parrocchia, quindi erano molto lontani da quelle diatribe interne alla Chiesa, che segnarono indirettamente anche Modena, pertanto l'artista trovò colà quell'ambiente accogliete e tranquillo, necessario per partorire i capolavori, che tuttora impreziosiscono la nostra città canarina. 
D'altronde le opere del Begarelli raramente stanziano in mostre e musei, se non per periodi brevissimi, in quanto sono soggetti religiosi, realizzati per essere apprezzati esclusivamente in contesti religiosi (chiese, conventi ecc..), perché favoriscono la riflessione, la meditazione e la preghiera dei fedeli, nel senso di credenti. 
Il professore ha precisato che, di fronte a queste sculture, i nostri antenati si emozionavano grandemente e si commuovevano fino alle lacrime, poiché la loro sensibilità era assai difforme da quella contemporanea. Stupisce il fatto che, guardando quest'opera d'arte magnifica, anche i contemporanei vengano coinvolti e rapiti dallo scultore-teologo, che con un movimento cristocentrico volle riportare tutto all'origine del cristianesimo, cioè al vangelo con le sue verità fondamentali, che costituiscono il punto di partenza della fede cattolica: solo in questo modo, si potranno risolvere problemi umani insormontabili perché umani, cioè limitati dalla creatura, nella creatura. 
Il prof. Cavani ha sollecitato i presenti a lasciarsi coinvolgere anche emotivamente dall'opera artistica, che potevano testé ammirare grazie allo speciale gioco di luci, che metteva in risalto le caratteristiche dei personaggi ritratti. A parere dell'esperto invitato, questo "teatro di sentimenti" ci insegna ancora che Dio è straordinariamente vicino ad ogni uomo e che possiamo accorgercene, usando due grandi doni - la fede e la ragione - che sono proprio le stampelle di cui l'uomo necessita per salvarsi e che sono tanto care non solo ai protagonisti dotti immortalati dal Begarelli (S.Girolamo, S.Antonio) ma anche a Papa Benedetto XVI, che ne parla continuamente. (Simonetta Delle Donne)
(Da: http://www.tsc4.com/archiviocapitolaremo/AAMO/Deposizionee%20Begarelli.htm)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Cremona, parrocchia di S. Pietro al Po. Bernardino Ricca, Altare dedicato in origine a S. Caterina d’Alessandria: La deposizione di Cristo dalla Croce, olio su tela, 1521. 
"La pala che vi è stata collocata figurava ancora nel XIX secolo appesa alla parete di controfaccia e rappresenta la la deposizione di Cristo dalla Croce. 
L’opera è firmata da Bernardino Ricca ed è datata 1521. In essa, il pittore cremonese traduce uno schema divulgato da un’incisione che Maracantonio Raimondi aveva tratto a sua volta da un disegno raffaellesco. 
Il ciclo delle medaglie a fresco illustra episodi della vita e del martirio di S. Caterina. In esso è riconoscibile la mano del cremonese Andrea Mainardi detto il Chiaveghino". 
© 2011 San Pietro al Po Cremona 
(Da: http://www.sanpietrotest.altervista.org/visita-virtuale/Navata%20destra/23.html)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Rosso Fiorentino, Deposizione dalla croce, 1521, Volterra, Pinacoteca. 
Tra le opere di Rosso Fiorentino la Deposizione di Volterra è sicuramente la più famosa, ed è anche quella che ancora oggi appare la più moderna. 
In realtà, siccome ci sono indizi che l’opera forse rimase incompleta, non sappiamo se l’effetto pittorico ottenuto fu realmente voluto, e non semplicemente casuale. 
Certo è che con questa tavola Rosso Fiorentino si distacca decisamente da qualsiasi linguaggio pittorico allora in uso. 
La sua originalità è data da una sorta di innaturale verismo, per cui la scena appare sospesa tra realtà e immaginazione. Partiamo dalla composizione. 
A definire lo spazio compositivo è soprattutto la monumentale croce. 
Per staccare da essa il corpo del Cristo, vi vengono appoggiare ben tre scale, sulle quali si arrampicano quattro uomini. 
Ad una osservazione più attenta, appare evidente che il tutto è costruito con un equilibrio molto precario, rendendo poco plausibile il concitato movimento delle figure che salgono sulle scale per prendere il corpo. 
Non si riesce, inoltre, a rendere concreto lo spazio della figurazione, in quanto il gruppo di figure in alto sovrasta il gruppo di figure in basso, togliendosi lo spazio a vicenda. In pratica tutto appare troppo piatto, senza che ci sia lo spazio di profondità necessario per rendere veritiera la scena. 
Ma l’effetto più sorprendente è dato dall’uso della luce e del colore. 
Sullo sfondo vi è un cielo di un colore blu uniforme e un po’ irreale. In primo piano il gruppo di figure non è illuminato da una fonte luminosa ben precisa, ma la sua diffusa luminosità rende irreale il rapporto con la luce dello sfondo. 
I corpi non sono costruiti con grande plasticità. 
Invece di far uso del tradizionale chiaroscuro, Rosso Fiorentino costruisce i volumi per linee spezzate, linee che definiscono piani campiti con colori uniformi. 
I colori sono anch’essi molto irreali, rispetto alle luci che li dovrebbero determinare, contribuendo a rendere l’immagine singolare e inedita. 
L’effetto che ottiene, con queste sue scelte stilistiche, è decisamente originale, e fanno di quest’opera un unicum nella produzione artistica di quel periodo. 
Il suo grande fascino è dato proprio da questa sua notevole originalità: trasformare il tutto in una immagine dove prevale una visione intellettuale e non ottica della scena che vediamo. 
Ma ciò non toglie nulla alle possibilità espressive dell’immagine, che anzi vengono esaltate da questa diversa percezione della realtà che ci presenta.
(Da: http://www.francescomorante.it/pag_2/208aa.htm)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Gesù deposto dalla croce, tra le braccia di Maria (di Alessandro Scaccianoce) (1)
Com’è noto, la pietà popolare tende a rappresentare “drammaticamente” la verità stoica dei fatti di Gesù. 
Da una veloce analisi dei riti tradizionali della Settimana Santa diffusi nell’Orbe cattolico emerge subito il fatto che si tendono a evidenziare alcuni aspetti della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo che non hanno un riscontro immediato nei Vangeli, o sui quali gli stessi Vangeli non ci forniscono molti dettagli: l’Addolorata che si muove alla ricerca del Figlio e che lo segue nelle ultime ore della sua vita terrena, la grande enfasi posta sulla Deposizione di Cristo dalla croce, l’incontro di Gesù con la Madre nel giorno della sua risurrezione, sono alcuni esempi.
Occorre subito precisare che questa mancanza di piena corrispondenza con il dato evangelico non intacca minimamente la profondità e la verità di questi riti. 
Per quanto riguarda, infatti, il ruolo della Madonna nell’esperienza pasquale del Signore, da sempre la Tradizione vivente della Chiesa, l’ininterrotta trasmissione della fede, ha avuto grande considerazione per il suo dolore e la sua partecipazione, tanto da attribuirLe il ruolo di “Corredentrice”. 
Molti scrittori cristiani lungo i secoli si sono soffermati a contemplare la grandezza di Maria al fianco del Cristo. 
Uno di questi, in particolare, Simeone Metafraste, autore del X secolo, è considerato come l’ispiratore della devozione alla Vergine Addolorata, raffigurata nelle sembianze della Pietà. 
Il Metafraste sostiene, infatti, che Ella fu presente dall’Ultima Cena fino al Calvario. In quei momenti la Vergine Maria dimostra la sua qualità di donna straordinaria, che “osa guardare in faccia una realtà così dolorosa… sopporta la violenza che il dolore esercita sulla sua natura di madre… che resta profondamente stupita di fronte alla prodigiosa capacità di sopportazione del Figlio”. 
L’autore elabora un vero e proprio lamento della Madre sul Cristo morto, un precedente rispetto al più noto lamento di Jacopone da Todi (“Donna de’ Paradiso”). 
Un testo che racconta della Vergine col cadavere di Cristo sulle ginocchia che si rammenta di quando lo cullava bambino. 
Eccone uno stralcio: “Questo dolore ora si pasce delle mie lacrime… O figlio mio, morto spogliato delle sue vesti, o verbo di Dio vivente! Sei stato condannato ad essere elevato in alto sulla croce, affinché potessi attirare tutti a te. Quale parte del tuo corpo si è sottratta alla sofferenza?… O Figlio più antico della Madre! Quali lamenti sepolcrali, quali funebri lamentazioni potrò mai cantarti?.. in me tu hai infranto le leggi della natura”. 
Quindi Metafraste descrive le tenerezze materne riversate sul corpo piagato: “Con amore baciò i suoi purissimi piedi e le piaghe impresse su di essi e accostate le guance e gli occhi unì le sue lacrime al sangue di lui… Anche dopo la morte del Figlio, raccolse quell’acqua e quel sangue che, come se egli fosse ancora vivo, continuavano a sgorgare dal suo costato aperto”. 
Queste parole hanno ispirato l’iconografia a noi nota come la “Pietà”, considerata di origine nordica (nata forse in Germania nel Trecento), in cui la Santa Vergine si china sul Figlio deposto dalla croce e ne abbraccia la figura. 
La Madonna stringe il corpo tra le braccia e lo copre di baci. Si capisce, inoltre, anche perché – secondo il calendario liturgico tridentino – la festa della Mater Dolorosa, opportunamente, veniva celebrata nel Venerdì della Prima settimana di Passione, (ovvero il venerdì che precede la Domenica delle Palme). 
(Da: Antropologia, Cultura religiosa e contrassegnato come Deposizione, Madre del risorto, Maria Addolorata, Pietà, Simenone Metafraste, 27 marzo 2012 in: www.santamariaelemosina.it)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Gesù deposto dalla croce, tra le braccia di Maria (di Alessandro Scaccianoce) (2)
"Personalmente, trovo molto suggestive anche alcune espressioni poetiche dialettali siciliane che dipingono, se possibile, con una incisività anche maggiore, questi momenti della Passione del Signore e dello strazio della Sua Santa Madre. 
Dal “Passiu Santu” che si recita annualmente a Buccheri: 
Banditore: Maria s’apprisenta e pieri ‘a cruci ppì chianciri lu sa figghiu duci.
Maria: Ti visti nasciri, ti visti crisciri, nun ti pozzu viriri ‘ncruci muoriri; t’ha datu u latti mia, tu ca si la vita mia dammi aiutu, dammi confortu: nun ti pozzu viriri mortu! 
Traduzione: 
Banditore: 
Maria si accosta ai piedi della croce per piangere il suo dolce figlio. 
Maria: Ti ho visto nascere, ti ho visto crescere! Non riesco a sopportare lo strazio di vederti morire in croce! Io ti ho dato il mio latte, tu, che sei la mia vita, dammi aiuto, confortami, perché non posso reggere il dolore di vederti morto. 
L’intensità emotiva suscitata dalla contemplazione del dolore della Madonna col Figlio esanime tra le braccia, spiega l’esigenza universalmente diffusa di ritrovare la Vergine Maria nel mattino di Pasqua, tra i primi destinatari delle apparizioni del Risorto. 
Ella che fu associata alla passione di Cristo, conservando nel cuore la fede nella Sua risurrezione, nel silenzio del Sabato Santo, certamente fu tra coloro che fecero esperienza del Signore risorto. 
Tale dato doveva essere talmente ovvio che nessuno degli evangelisti sentì l’esigenza di annotarlo. 
Ma la Tradizione vivente della Chiesa ha sempre e costantemente creduto e celebrato nel giorno di Pasqua la “gioia” di Maria, la Madre del risorto".
(Da: Antropologia, Cultura religiosa e contrassegnato come Deposizione, Madre del risorto, Maria Addolorata, Pietà, Simenone Metafraste, 27 marzo 2012 in: www.santamariaelemosina.it)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Harmensz Van Rijn Rembrandt (Leida 1606 - Amsterdam 1669), Deposizione dalla Croce (La) (1633), mm 528x407. 
Tecnica: Acquaforte. Stile: Barocco olandese. 
Firma: Firmata e datata: Rembrandt f. cum pryvl: 1633.
Provenienza: Acquisto da collezione privata, 1986. 
Note: Quinto stato caratterizzato dalla cancellatura dell’indirizzo dell’editore Justus Dankers.
Deposizione dalla Croce (La) (1633)
Non si sa ancora esattamente quando Rembrandt cominciò la sua attività di incisore. La prima incisione certa, Madre dell'artista, è del 1628. 
Questa Deposizione dalla Croce è ricavata dal ciclo dei cinque dipinti sulla Passione di Cristo, oggi all'Alte Pinakothek di Monaco, realizzati da Rembrandt su committenza dello statolder Federico Enrico, fra il 1632 e il 1645. Rembrandt parla di questi dipinti in sette lettere all'amico Constantin Huygens consulente artistico dello statolder, che gli aveva procurato la committenza. 
Huygens in quel periodo acquistava sul mercato per lo statolder soprattutto dipinti di grandi pittori fiamminghi come Rubens, van Dyck e Jordaens ed è con questi e altri artisti fiamminghi, come Altodorfer ad esempio, che egli intese confrontarsi direttamente in questo ciclo sulla Passione di Cristo.
I primi due dipinti ad essere realizzati nel 1632-1633 furono l’Erezione della Croce e la Deposizione dalla Croce. 
Per quest’ultimo dipinto il modello di riferimento di Rembrandt fu Rubens. Vent’anni prima, nel 1620, Rubens aveva dipinto una grande Deposizione dalla Croce per la Cattedrale di Anversa, che Rembrandt conosceva attraverso un’incisione del 1620 di Lucas Vosterman. 
In essa tutto il gruppo dei soccorritori - che taglia trasversalmente la composizione - è impegnato nello sforzo pietoso di deporre il corpo di Cristo, facendo quasi tutt’uno con esso.
In Rembrandt, invece, il corpo di Cristo è “un misero sacco di organi afflosciato e contratto, ben diverso dal possente torso rubensiano, desunto dai modelli classici”, come ha scritto Simon Schama (2000). 
Poche persone sono impegnate nell’atto meccanico della sua deposizione, la maggior parte assistono in dolorosa contemplazione della sua sofferenza. 
Non sono soccorritori, ma spettatori impotenti di un dramma che si compie per ineluttabile volontà divina a causa dei loro stessi peccati e sui loro volti, infatti, la pietas per il Cristo si somma al peso della loro colpa individuale per le sue sofferenze. 
Come ha fatto notare Simon Schama, quella di Rembrandt è la risposta calvinista alla versione cattolica che della Deposizione dà Rubens, in cui tutti i personaggi toccano il corpo di Cristo come se volessero comunicarsi.
Bibliografia:
A. Bartsch, Catalogue raisonné de toutes les estampes qui forment l’oeuvre de Rembrandt, et ceux de ses principaux imitateurs, Vienna, 1797;
K.G. Boon, Rembrandt, Incisioni. Opera completa, trad. it., Milano, 1963;
H. Salamon, Catalogo completo dell’opera grafica di Rembrandt, trad. it., Firenze 1972;
Stichting Foundation Rembrandt Research Project, AA. VV., A corpus of Rembrandt paintings, vol. II, 1631-1634, L’Aja-Boston-Londra, 1986; 
C. Tümpel, Rembrandt, ediz. ital. a cura di M. Liloni, Milano, 1991;
P. Lecaldano, L’opera pittorica completa di Rembrandt, Milano, 1969, H. Bevers, Rembrandt incisore, in H. Bevers, P. Schatborn, B Welzel, Rembrandt, il maestro e la sua bottega. Disegni e incisioni, trad. it., Roma 1991, catalogo della mostra di Berlino-Amsterdam, Londra, Roma, vol. II; C. White, Rembrandt, trad. it. Milano 1988; A. Ottolini (a cura di), Rembrandt. Le acqueforti della Biblioteca Statale di Cremona, Roma, 1989.
(Da: http://www.popsoarte.it/FixedPages/IT/opereControl.php/L/IT/id/24/action/scheda)
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

 "L'ASSOCIAZIONE ARTIGIANI PROVINCIA DI PAVIA COME / antica tradizione dei Paratici pavesi fa dono di questa / immagine scultorea alla città di Pavia auspicando che / la Grazia Divina scenda a proteggerla nel tempo a venire / 50° A. D. F.  - A.D. 1995 // Carlo Mo fece, 1994 - 995" //

***

 CARLO MO'
PAVIA
DEPOSIZIONE
A CURA DI GIOVANNI PITITTO

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Matteo, cap. 27, 57-61
[57] "Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, anche lui era diventato discepolo di Gesù.
[58] Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
[59] Giuseppe prese il corpo di Gesù, lo avvolse in un lenzuolo pulito
[60]e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò.
[61]Lì, sedute di fronte alla tomba, c'erano lì, Maria di Màgdala e l'altra Maria". (1)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 

Marco, cap. 15, 42-47
[42] "venuta ormai la sera, poichè era la Parascève, cioè la vigilia del sabato
[43] Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù.
[44] Pilato si meravigliò che fosse già morto, e chiamato il centurione gli domandò se era morto da tempo.
[45] Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
[46] Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce. Lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all'entrata del sepolcro.
[47] Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto." (2)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Luca, cap. 23, 50-56
[50] "Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe membro del sinedrio, buono e giusto.
[51] Egli non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio.
[52] Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.
[53] Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora.
[54] Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato.
[55] Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù,
[56] poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto". (3)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 


Giovanni, cap. 19, 38-42
[38] "Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
[39] Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe.
[40] Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i giudei per preparare la sepoltura.
[41] Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto.
[42] Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù". (4)

Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
 Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 



Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. 
Carlo Mo, Deposizione. Scultura, bronzo. Pavia, Piazza Duomo. Foto di GP

 "L'ASSOCIAZIONE ARTIGIANI PROVINCIA DI PAVIA COME / antica tradizione dei Paratici pavesi fa dono di questa / immagine scultorea alla città di Pavia auspicando che / la Grazia Divina scenda a proteggerla nel tempo a venire / 50° A. D. F.  - A.D. 1995 // Carlo Mo fece, 1994 - 995" //