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domenica 31 luglio 2011

Italy. Liguria. Genova. Via di Pré. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell' Essere.

Genova. Via di Pré e Piazza Caricamento. 

Squarci nelle Profondità dell'Essere.

Foto di Giovanni Pititto 
(30 luglio 2011).

***

Vidi un Cartello. Non era stradale. Ma una strada indicava. 

***


FU LA PALMA
NEL GRAN DESERTO ANTICO
SQUARCIO ALL'IPOGÈO.

***

 
Fabrizio de André, Amico fragile
(http://www.youtube.com/watch?v=RvmKXrQDWDQ) 
(Condivisione: http://youtu.be/RvmKXrQDWDQ) 
(Immesso su Youtube da MONDOFABER in data 23/nov/2012 - si ringrazia)




***



Stéphane Mallarmé
(1842-1898)

Tristezza d'estate

Il sole sulla sabbia, mia Ribelle dormiente, /
scalda ne' tuoi capelli un bagno di languore: /
e, consumando incensi sulla tua gota ardente, /
frammischia con le lacrime un suo filtro d'amore./


Del bianco abbarbaglìo l'implacabile calma, /
ti ha fatto dire, dopo l'aspro imenèo: /
"Noi non avremo mai, laggiù, sotto una palma, /
nel gran deserto antico, un unico ipogèo". /


Ma la tua chioma, cara, è un fiume di tepori,
dove annegare l'anima, quando ci ha fatto sazi, /
per rintracciar quel Nulla, che tu, beata, ignori. /


Io vo' gustare il bistro, pianto dalle tue ciglia, /
perchè mi doni al cuore, che tu colpisci e strazi, /
l'apatia della pietra, oppur della conchiglia. // (1)

01. Genova. Via Prè. Squarci nelle Profondità dell'Essere. Foto di Giovanni Pititto
- Pierre Puget, Madonna con Bambino, edicola in via di Prè-Genova -  
- Iconoclastìa: colpo di pistola - 



 Vanessa Mae - at the Birmingham Symphony Hall 1997 - Classical Violinist.


PUGET, Pierre. - Scultore, pittore e architetto, nato a Marsiglia il 16 ottobre 1620, ivi morto il 2 dicembre 1694. Figlio di un muratore, la sua vocazione si rivelò presto. Dopo essere stato alcuni mesi da uno scultore, si recò a Roma e, a 17 anni, vi divenne allievo di Pietro da Cortona che l'iniziò alla pittura. Seguito il maestro a Firenze, lavorò con lui ai soffitti di Palazzo Pitti. Più decisivamente tuttavia subì l'influsso del Bernini. Nel 1644 ritroviamo il P. all'arsenale di Tolone ove lavora alla decorazione delle galee reali, ispirandosi ai disegni delle galee toscane dovute a Pietro da Cortona. Gli viene affidata nel 1655 la decorazione della facciata del Palazzo comunale di Tolone, per cui scolpì i magnifici Atlanti che sostengono il balcone: prima sua grande opera di scultore e d'architetto. Il successo ottenuto da quelle cariatidi gli diede fama. Chiamato dal ministro Fouquet, il P. fu mandato a Carrara a scegliere i marmi per la decorazione del Castello di Vaux-le-Vicomte. A Genova scolpì l'Ercole gallo (Louvre), opera potente nella quale si rivela una profonda conoscenza dell'anatomia umana. Il P. si trattenne qualche tempo (1661-77) a Genova e fu il periodo più felice della sua vita. Molto apprezzato dall'aristocrazia genovese, vi ricevé numerose ordinazioni. Per la chiesa di S. Maria di Carignano scolpì due statue colossali, un S. Alessandro Sauli e un S. Sebastiano; per l'Albergo dei poveri una Madonna, simile ad altra conservata a Tivoli. Reminiscenze berniniane sono palesi in queste opere, cui la spontaneità e la tecnica dell'artista dànno nondimeno originalità. Ritornò a Genova anche alcuni anni più tardi, e nel 1679 vi architettò la cappella del palazzo Lomellini dov'era la sua Immacolata ora nella chiesa di S. Filippo Neri. Nel 1667 lasciata Genova, tornò a Marsiglia e vi riprese a lavorare nell'arsenale reale. Nel 1672 il Colbert gli commise per il parco di Versailles il Milone di Crotone e il rilievo di Alessandro e Diogene oggi al Louvre, opere terminate dieci anni dopo. Luigi XIV seppe apprezzare il genio patetico e possente dello scultore marsigliese. Il Louvois confermò al P. l'ordinazione del gruppo Perseo e Andromeda (Louvre) fattagli dal Colbert. Quest'opera, di grandi proporzioni e d'ispirazione berniniana, si fa notare per lo slancio dell'esecuzione e l'audacia della tecnica.
A Marsiglia il Museo di belle arti possiede dal 1898 una sala "Pierre Puget" ove sono state riunite le opere del maestro: originali in marmo, gessi, varî progetti d'architettura e di costruzioni navali, disegni e pitture. Vi si vedono tre progetti del P. per una statua equestre del re, destinata ad una piazza di Marsiglia; un rilievo in marmo rappresenta Luigi XIV a cavallo vestito all'antica con la parrucca a lunghe anella scendenti sulle spalle; un grande medaglione ci mostra il profilo del re dalla testa fieramente rialzata. Nell'Intendenza di sanità si trova il rilievo in marmo: S. Carlo Borromeo implora la fine della peste di Milano; quest'opera, come Alessandro e Diogene, secondo l'espressione dello stesso scultore è un vero "quadro in marmo", con varî piani e modellati digradanti.
Bibl.: L. Lagrange, P. P., Parigi 1868; S. Lami, Dict. des sculpteurs de l'école française du règne de Louis XIV, ivi 1906; J. A. Gibert, Le Musée des Beaux-Arts de Marseille, ivi 1926; Ph. Auquier, P. P.,ivi s. a.; M. Brion, P. P., ivi 1932; F. P. Alibert, P. P., ivi 1932; H. Vollmer, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVII, Lipsia 1933 (con bibl.).


***



Bond Viva Live In Japan


***


Pablo Neruda

La canzone disperata

Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono. /
Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato. /

Abbandonato come i moli all'alba. /
E' l'ora di partire, oh abbandonato! /

Sul mio cuore piovono fredde corolle. /
Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi! /

In te si accumularono le guerre e i voli. /
Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto. /

Tutto hai inghiottito, come la lontananza. /
Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio! /

Era l'ora felice dell'assalto e del bacio. /
L'ora dello stupore che ardeva come un faro. /

Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco, /
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio! /

Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita. /
Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /

Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio. /
Ti abbattè la tristezza, tutto in te fu naufragio! /

Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***

Oh carne, carne mia, donna che amai e persi, /
te, in quest'ora umida, evoco e canto. /

Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza, /
e l'infinito oblio t'infranse come una coppa. /

Era la nera, nera solitudine delle isole, /
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia. /

[p. 147] Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta. /
Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo. /

Ah donna, non so come hai potuto contenermi /
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia! /

Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto, /
il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido. /

Cimitero di baci, c'é ancora fuoco nelle tue tombe, /
ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli. /

Oh la bocca morsa, oh le baciate membra, /
oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati. /

Oh la copula pazza di speranza e di vigore /
in cui ci annodammo e ci disperammo. /

E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina. /
E la parola appena incominciata sulle labbra. /

Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito, /
e in esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio! /

Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***

Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti. /
In piedi come un marinaio sulla prua di una nave. /

Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti. /
Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro. /

Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere, /
scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /

E' l'ora di partire, la dura e fredda ora /
che la notte lega ad ogni orario. /

Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa. /
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli. /

Abbandonato come i moli nell'alba. /
Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani. /

Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa. /
E' l'ora di partire. Oh abbandonato! // (2)





 

Bond Live Sofia Bulgaria 2012





02. I LIMONI
Ascoltami, i poeti laureati /
si muovono soltanto fra le piante /
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. /

lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi /
fossi dove in pozzanghere /
mezzo seccate agguantano i ragazzi /
qualche sparuta anguilla: /
le viuzze che seguono i ciglioni, /
discendono tra i ciuffi delle canne /
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. /



Eugenio Montale
01. IN LIMINE
"Godi se il vento ch'entra nel pomario /
vi rimena l' ondata della vita: /
qui dove affonda un morto /
viluppo di memorie, /
orto non era, ma reliquario. /

Il frullo che tu senti non è un volo, /
ma il commuoversi dell'eterno grembo; /
vedi che si trasforma questo lembo /
di terra solitario in un crogiuolo. /

[p.16] Un rovello è di qua dall’erto muro./
Se procedi t’imbatti/
tu forse nel fantasma che ti salva: /
si compongono qui le storie, gli atti/
scancellati pel giuoco del futuro./

Cerca una maglia rotta nella rete/
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!/
va, per te l’ho pregato, - ora la sete/
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…" // (3)



Eugenio Montale
***
Meglio se le gazzarre degli uccelli /
si spengono inghiottite dall'azzurro: /
più chiaro si ascolta il susurro /
[p. 20] dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, /
e i sensi di quest'odore /
che non sa staccarsi da terra /
e piove in petto una dolcezza inquieta. /
Qui delle divertite passioni /
per miracolo tace la guerra, /
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza /
ed è l'odore dei limoni. /
***
Vedi, in questi silenzi in cui le cose /
s'abbandonano e sembrano vicine /
a tradire il loro ultimo segreto, /
talora ci si aspetta /
di scoprire uno sbaglio di Natura, /
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, /
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta /
nel mezzo di una verità. /
***
Lo sguardo fruga d'intorno, /
la mente indaga accorda disunisce /
nel profumo che dilaga /
quando il giorno piú languisce. /
Sono i silenzi in cui si vede /
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità./
*** 
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo /
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra /
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. /
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta /
[p. 21] il tedio dell'inverno sulle case, /
la luce si fa avara - amara l'anima. /
Quando un giorno da un malchiuso portone /
tra gli alberi di una corte /
ci si mostrano i gialli dei limoni; /
e il gelo dei cuore si sfa, /
e in petto ci scrosciano /
le loro canzoni /
le trombe d'oro della solarità. // (4)


02. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere. Foto di GP

Eugenio Montale
03. CORNO INGLESE
Il vento che stasera suona attento /
- ricorda un forte scòtere di lame - /
gli strumenti dei fitti alberi e spazza /
l'orizzonte di rame /
dove strisce di luce si protendono /
come aquiloni al cielo che rimbomba /
[p. 23] (Nuvole in viaggio, chiari /
reami di lassù! D'alti Eldoradi /
malchiuse porte!) /
e il mare che scaglia a scaglia, /
livido, muta colore /
lancia a terra una tromba /
di schiume intorte; /
il vento che nasce e muore /
nell'ora che lenta s'annera /
suonasse te pure stasera /
scordato strumento, /
cuore. // (5)


03. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere. Foto di GP

Eugenio Montale
04. QUASI UNA FANTASIA
Raggiorna, lo presento /
da un albore di frusto /
argento alle pareti: /
lista un barlume le finestre chiuse. /
Torna l'avvenimento /
del sole e le diffuse /
voci, i consueti strepiti non porta. /
[p. 25] Perché? Penso ad un giorno d'incantesimo /
e delle giostre d'ore troppo uguali /
mi ripago. Traboccherà la forza /
che mi turgeva, incosciente mago, /
da grande tempo. Ora m'affaccerò, /
subisserò alte case, spogli viali. /
***
Avrò di contro un paese d'intatte nevi /
ma lievi come viste in un arazzo. /
Scivolerà dal cielo bioccoso un tardo raggio. /
Gremite d'invisibile luce selve e colline /
mi diranno l'elogio degl'ilari ritorni. /
***
Lieto leggerò i neri /
segni dei rami sul bianco /
come un essenziale alfabeto. /
Tutto il passato in un punto /
dinanzi mi sarà comparso. /
Non turberà suono alcuno /
quest'allegrezza solitaria. /
Filerà nell'aria /
o scenderà s'un paletto /
qualche galletto di marzo. // (6)

04. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere. Foto di GP

Eugenio Montale
05. FALSETTO 
Esterina, i vent'anni ti minacciano, /
grigiorosea nube /
che a poco a poco in sé ti chiude. /
Ciò intendi e non paventi. /
Sommersa ti vedremo /
nella fumea che il vento /
lacera o addensa, violento. /
Poi dal fiotto di cenere uscirai /
adusta più che mai, /
proteso a un'avventura più lontana /
l'intento viso che assembra /
l'arciera Diana. /
***
[p. 27] Salgono i venti autunni, /
t'avviluppano andate primavere; /
ecco per te rintocca /
un presagio nell'elisie sfere. /
Un suono non ti renda /
qual d'incrinata brocca /
percossa!; io prego sia /
per te concerto ineffabile /
di sonagliere. /
***
La dubbia dimane non t'impaura. /
Leggiadra ti distendi /
sullo scoglio lucente di sale /
e al sole bruci le membra. /
Ricordi la lucertola /
ferma sul masso brullo; /
te insidia giovinezza, /
quella il lacciòlo d'erba del fanciullo. /
L'acqua è la forza che ti tempra, /
nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi: /
noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo, /
come un'equorea creatura /
che la salsedine non intacca /
ma torna al lito piú pura. /
***
Hai ben ragione tu! Non turbare /
di ubbie il sorridente presente. /
La tua gaiezza impegna già il futuro /
ed un crollar di spalle /
[p. 28] dirocca i fortilizi /
del tuo domani oscuro. /
T'alzi e t'avanzi sul ponticello /
esiguo, sopra il gorgo che stride: /
il tuo profìlo s'incide /
contro uno sfondo di perla. /
Esiti a sommo del tremulo asse, /
poi ridi, e come spiccata da un vento /
t'abbatti fra le braccia /
del tuo divino amico che t'afferra. /
***
Ti guardiamo noi, della razza /
di chi rimane a terra. // (7)




BOND - live from the Royal Albert Hall.avi






 05. Genova. Del Giorno. Quel Giorno. Piazza Caricamento. Foto di GP

***





            

Nneka LIVE @ Rototom Sunsplash 2013 (Full Concert)

LaFamiliaMonkey - Pubblicato il 24 ago 2013

Conciertazo de Nneka en el Rototom 2013 / Live at Rototom 2013. Suscribete / Subscribe. Gran concierto e increíble festival, no hay forma de resistirse a compartirlo. Todo el crédito para Rototom Sunsplash.
Categoria: Musica
Licenza: Licenza YouTube standard



06. Genova. Del Giorno. Quel Giorno. Piazza Caricamento. Foto di GP


                           

Nneka LIVE in Berlin 2015 (FULL CONCERT) @Jam'in'Berlin 
DerTagesspiegel
 Pubblicato il 27 apr 2015
Nneka gives a soul- and powerful concert @Kesselhaus/ Berlin. - Watch also the Interview with Nneka @Jam'in'Berlin (9): http://bit.ly/1EatVtc More Jam'in'Berlin: http://www.tagesspiegel.de/jaminberlin
 https://www.facebook.com/jammingberlin Von Atila Altun



 07. Genova. Del Giorno. Quel Giorno. Piazza Caricamento. Foto di GP
08. Genova. Del Giorno. Quel Giorno. Piazza Caricamento. Foto di GP





Progetto Parzifal:
Dolci Presenze del Viandante seguono l'Ombra in questo Silenzio popolato di Assenza.


Viaggiare. Dentro. Fuori.
Occhi. Lago di Nuvole.

Ad una Naumachìa di barchette dorate affidiamo Ricordi.



Stéphane Mallarmé, Tristesse d'été.
Le soleil, sur le sable, ô lutteuse endormie, / En l'or de tes cheveux chauffe un bain langoureux / Et, consumant l'encens sur ta joue ennemie, / Il mêle avec les pleurs un breuvage amoureux. /  
De ce blanc Flamboiement l'immuable accalmie / T'a fait dire, attristée, ô mes baisers peureux, / « Nous ne serons jamais une seule momie / Sous l'antique désert et les palmiers heureux! » /
Mais ta chevelure est une rivière tiède, / Où noyer sans frissons l'âme qui nous obsède / Et trouver ce Néant que tu ne connais pas. /
Je goûterai le fard pleuré par tes paupières, / Pour voir s'il sait donner au coeur que tu frappas / L'insensibilité de l'azur et des pierres. // (8)


Pablo Neruda
LA CANCIÓN DESESPERADA

Emerge tu recuerdo de la noche en que estoy. / El río anuda al mar su lamento obstinado./
Abandonado como los muelles en el alba. / Es la hora de partir, oh abandonado!/
Sobre mi corazón llueven frías corolas. / Oh sentina de escombros, feroz cueva de náufragos!/
En ti se acumularon las guerras y los vuelos. / De ti alzaron las alas los pájaros del canto./
Todo te lo tragaste, como la lejanía. / Como el mar, como el tiempo. Todo en ti fue naufragio! /
Era la alegre hora del asalto y el beso. / La hora del estupor que ardía como un faro. /
Ansiedad de piloto, furia de buzo ciego, / turbia embriaguez de amor, todo en ti fue naufragio! /
En la infancia de niebla mi alma alada y herida. / Descubridor perdido, todo en ti fue naufragio! /

**[Te ceñiste al dolor, te agarraste al deseo. / Te tumbó la tristeza, todo en ti fue naufragio!]

Hice retroceder la muralla de sombra, / anduve más allá del deseo y del acto. /
Oh carne, carne mía, mujer que amé y perdí, / a ti en esta hora húmeda, evoco y hago canto. /
Como un vaso albergaste la infinita ternura, / y el infinito olvido te trizó como a un vaso. /
Era la negra, negra soledad de las islas, / y allí, mujer de amor, me acogieron tus brazos. /
[p. 146] Era la sed y el hambre, y tú fuiste la fruta. / Era el duelo y las ruinas, y tú fuiste el milagro. /
Ah mujer, no sé cómo pudiste contenerme / en la tierra de tu alma, y en la cruz de tus brazos! /
Mi deseo de ti fue el más terrible y corto, / el más revuelto y ebrio, el más tirante y ávido. /
Cementerio de besos, aún hay fuego en tus tumbas, / aún los racimos arden picoteados de pájaros. /
Oh la boca mordida, oh los besados miembros,/ oh los hambrientos dientes, oh los cuerpos trenzados./
Oh la cópula loca de esperanza y esfuerzo / en que nos anudamos y nos desesperamos./
Y la ternura, leve como el agua y la harina. / Y la palabra apenas comenzada en los labios./
Ése fue mi destino y en él viajó mi anhelo,/ y en él cayó mi anhelo, todo en ti fue naufragio!/

***[Oh sentina de escombros, en ti todo caía, / qué dolor no exprimiste, qué olas no te ahogaron.]

De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. / [ved. note]

De pie como un marino en la proa de un barco./ [Id.]
Aún floreciste en cantos, aún rompiste en corrientes./ Oh sentina de escombros, pozo abierto y amargo./
Pálido buzo ciego, desventurado hondero, / descubridor perdido, todo en ti fue naufragio!/
Es la hora de partir, la dura y fría hora / que la noche sujeta a todo horario./
El cinturón ruidoso del mar ciñe la costa. / Surgen frías estrellas, emigran negros pájaros. /
Abandonado como los muelles en el alba. / Sólo la sombra trémula se retuerce en mis manos. /
Ah más allá de todo. Ah más allá de todo. / Es la hora de partir. Oh abandonado! //  (9)

___________________________
NOTE



(1) Stéphane Mallarmé (1842-1898), Tristezza d'estate (è del 1864), in: Vincenzo Errante (a cura di), Parnassiani e simbolisti francesi / [liriche scelte e tradotte da Vincenzo Errante], Firenze, Sansoni, 1953, pag. 327.

(2) Pablo Neruda, La Canzone Disperata (In Pablo Neruda (a cura e con versione di Giuseppe Bellini), Venti poesie d'amore e una canzone disperata, Milano, Sansoni, 1971, pp. 145-7, con testo spagnolo a fronte). Per motivi non comprensibili i quattro versi indicati con *** non sono presenti nell'edizione:
Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***
(...)
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***
(3) Eugenio Montale, In Limine, (in: Eugenio Montale, Ossi di Seppia <e altri scritti>, Verona, Mondadori, XV Ediz., 1969, pp. 14-16.
(4) Eugenio Montale, Movimenti: I Limoni, Id., pp. 17-21.
(5) Eugenio Montale, Movimenti: Corno Inglese, Id., pp. 22-3.
(6) Eugenio Montale, Movimenti: Quasi una Fantasia, Id., pp. 24-5.
(7) Eugenio Montale, Movimenti: Falsetto, Id., pp. 26-8.

(8) Stéphane Mallarmé (1842-1898), Tristesse d'été - Tristezza d'estate. Testo originale francese da: http://cage.ugent.be/~dc/Literature/Mallarme/Mal14.html - Si ringrazia)


(9) Pablo Neruda, La Cancion Desperada - La Canzone Disperata. Da: http://www.neruda.uchile.cl/obra/obra20poemas6.html
Con le avvertenze: Antología de Pablo Neruda. Todos los derechos pertenecen a la Fundación Pablo Neruda.
- Annotazioni di Losfeld:
- Dopo i versi: "En la infancia de niebla mi alma alada y herida. / Descubridor perdido, todo en ti fue naufragio! /" si riscontrano i versi: **Te ceñiste al dolor, te agarraste al deseo. / Te tumbó la tristeza, todo en ti fue naufragio! / che non esistono nel testo spagnolo e versione italiana di cui alla pubblicazione a cura di Giuseppe Bellini, cit.
- Idem: dopo: "Ése fue mi destino y en él viajó mi anhelo,/ y en él cayó mi anhelo, todo en ti fue naufragio!/" si riscontra: "Oh sentina de escombros, en ti todo caía, / qué dolor no exprimiste, qué olas no te ahogaron./" di cui si rileva come sopra.
- Al verso: "De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. /" il punto dopo "cantaste" manca.
- Ed al verso: "De pie como un marino en la proa de un barco./" l'iniziale non è maiuscola come in testo a cura di Bellini.

_________________

sabato 30 luglio 2011

Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. Foto di Giovanni Pititto.


06. MAESTRALE
S'è rifatta la calma    
nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.

Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora
il cammino ripiglia.

Lameggia nella chiaria
la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.

O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti
sulle tue mani, guarda:

sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
"più in là"! //
(in: Eugenio Montale, Ossi di Seppia <e altri scritti>, Verona, Mondadori, XV Ediz., 1969, pp. 117-8).
 

(Eugenio Montale, Meriggi e Ombre. I. Agave su lo Scoglio - Maestrale, 
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Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 01.


07. SARCOFAGHI.
I.
Dove se ne vanno le ricciute donzelle /
che recano le colme anfore su le spalle /
ed hanno il fermo passo sì leggero; /
e in fondo uno sbocco di valle /
invano attende le belle /
cui adombra una pergola di vigna /
e i grappoli ne pendono oscillando. /
***
[p. 38] Il sole che va in alto, /
le intraviste pendici /
non han tinte: nel blando /
minuto la natura fulminata /
atteggia le felici /
sue creature, madre non matrigna, /
in levità di forme. /
Mondo che dorme o mondo che si gloria /
d'immutata esistenza, chi può dire?, /
uomo che passi, e tu dagli /
il meglio ramicello del tuo orto. /
Poi segui: in questa valle /
non è vicenda di buio e di luce. /
Lungi di qui la tua via ti conduce, /
non c'è asilo per te, sei troppo morto: /
seguita il giro delle tue stelle. /
E dunque addio, infanti ricciutelle, /
portate le colme anfore su le spalle. //
(Eugenio Montale, Sarcofaghi - I., Id., pp. 35-8).  


Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 02.

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08. SARCOFAGHI.
II.
Ora sia il tuo passo /
piú cauto: a un tiro di sasso /
di qui ti si prepara /
una più rara scena. /
La porta corrosa d'un tempietto /
è rinchiusa per sempre. /
Una grande luce è diffusa /
sull'erbosa soglia. /

***
E qui dove peste umane /
non suoneranno, o fittizia doglia, /
vigila steso al suolo un magro cane. /
Mai piú si muoverà /
in quest'ora che s'indovina afosa. /
Sopra il tetto s'affaccia /
una nuvola grandiosa. //

(Eugenio Montale, Sarcofaghi - II., Id., p. 39-40). 
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Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 03.

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09. SARCOFAGHI.
III.
Il fuoco che scoppietta /
nel caminetto verdeggia /
e un'aria oscura grava /
sopra un mondo indeciso. Un vecchio stanco /
dorme accanto a un alare /
il sonno dell'abbandonato. /

***
[p. 42] In questa luce abissale /
che finge il bronzo, non ti svegliare /
addormentato! E tu camminante /
procedi piano; ma prima /
un ramo aggiungi alla fiamma /
del focolare e una pigna /
matura alla cesta gettata /
nel canto: ne cadono a terra /
le provvigioni serbate /
pel viaggio finale. //

(Eugenio Montale, Sarcofaghi - III., Id., p. 41-2). 
Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 04.

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10. SARCOFAGHI.
IV.
Ma dove cercare la tomba /
dell'amico fedele e dell'amante; /
quella dei mendicante e del fanciullo; /
dove trovare un asilo /
per codesti che accolgono la brace /
dell'originale fiammata; /
oh da un segnale di pace lieve come un trastullo /
l'urna ne sia effigiata! /

***
[p. 44] Lascia la taciturna folla di pietra /
per le derelitte lastre /
ch'ànno talora inciso /
il simbolo che più turba /
poiché il pianto ed il riso /
parimenti ne sgorgano, gemelli. /
Lo guarda il triste artiere che al lavoro si reca /
e già gli batte ai polsi una volontà cieca. /
Tra quelle cerca un fregio primordiale /
che sappia pel ricordo che ne avanza /
trarre l'anima rude /
per vie di dolci esigli: /
un nulla, un girasole che si schiude /
ed intorno una danza di conigli... //

(Eugenio Montale, Sarcofaghi - IV., Id., p. 43-4). 
Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 05.

11.  FUSCELLO TESO DAL MURO
Fuscello teso dal muro
sì come l'indice d'una
meridiana che scande la carriera
del sole e la mia, breve;
in una additi i crepuscoli
e alleghi sul tonaco
che imbeve la luce d'accesi
riflessi - e t'attedia la ruota
che in ombra sul piano dispieghi,
t'è noja infinita la volta
che stacca da te una smarrita
sembianza come di fumo
e grava con l'infittita
sua cupola mai dissolta.

Ma tu non adombri stamane
più il tuo sostegno ed un velo
che nella notte hai strappato
a un'orda invisibile pende
dalla tua cima e risplende
ai primi raggi. Laggiù,
dove la piana si scopre
del mare, un trealberi carico
di ciurma e di preda reclina
il bordo a uno spiro, e via scivola.
Chi è in alto e s'affaccia s'avvede
che brilla la tolda e il timone
nell'acqua non scava una traccia

(Eugenio Montale, Fuscello teso dal muro - Altri versi, Id., p. 49-50). 


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12. NON CHIEDERCI
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro! 

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.  
.

(Eugenio Montale, Ossi di Seppia - Non chiederci..., Id., p. 53-4). 
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Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 06.


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13.  CLIVO
Viene un suono di buccine    
dal greppo che scoscende,
discende verso il mare
che tremola e si fende per accoglierlo.
Cala nella ventosa gola
con l'ombre la parola
che la terra dissolve sui frangenti;
si dismemora il mondo e può rinascere.
Con le barche dell'alba
spiega la luce le sue grandi vele
e trova stanza in cuore la speranza.
Ma ora lungi è il mattino,
sfugge il chiarore e s'aduna
sovra eminenze e frondi,
e tutto è più raccolto e più vicino
come visto a traverso di una cruna;
ora è certa la fine,
e s'anche il vento tace
senti la lima che sega
assidua la catena che ci lega.

Come una musicale frana
divalla il suono, s'allontana.
Con questo si disperdono le accolte
voci dalle volute
aride dei crepacci;
il gemito delle pendìe,
là tra le viti che i lacci
delle radici stringono.
Il clivo non ha più vie,
le mani s'afferrano ai rami
dei pini nani; poi trema
e scema il bagliore del giorno;
e un ordine discende che districa
dai confini
le cose che non chiedono
ormai che di durare, di persistere
contente dell'infinita fatica;
un crollo di pietrame che dal cielo
s'inabissa alle prode...

Nella sera distesa appena, s'ode
un ululo di corni, uno sfacelo.

(Eugenio Montale, Meriggi e Ombre - Clivo, Id., p. 127-8). 
Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 07.


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14.  FINE DELL'INFANZIA
Rombando s'ingolfava    
dentro l'arcuata ripa
un mare pulsante, sbarrato da solchi,
cresputo e fioccoso di spume.
Di contro alla foce
d'un torrente che straboccava
il flutto ingialliva.
Giravano al largo i grovigli dell'alighe
e tronchi d'alberi alla deriva.

Nella conca ospitale
della spiaggia
non erano che poche case
di annosi mattoni, scarlatte,
e scarse capellature
di tamerici pallide
più d'ora in ora; stente creature
perdute in un orrore di visioni.
Non era lieve guardarle
per chi leggeva in quelle
apparenze malfide
la musica dell'anima inquieta
che non si decide.

Pure colline chiudevano d'intorno
marina e case; ulivi le vestivano
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi
la faccia candente del cielo.
Tra macchie di vigneti e di pinete,
petraie si scorgevano
calve e gibbosi dorsi
di collinette: un uomo
che là passasse ritto s'un muletto
nell'azzurro lavato era stampato
per sempre - e nel ricordo.

Poco s'andava oltre i crinali prossimi
di quei monti; varcarli pur non osa
la memoria stancata.
So che strade correvano su fossi
incassati, tra garbugli di spini;
mettevano a radure, poi tra botri,
e ancora dilungavano
verso recessi madidi di muffe,
d'ombre coperti e di silenzi.
Uno ne penso ancora con meraviglia
dove ogni umano impulso
appare seppellito
in aura millenaria.
Rara diroccia qualche bava d'aria
sino a quell'orlo di mondo che ne strabilia.

Ma dalle vie del monte si tornava.
Riuscivano queste a un'instabile
vicenda d'ignoti aspetti
ma il ritmo che li governa ci sfuggiva.
Ogni attimo bruciava
negl'istanti futuri senza tracce.
Vivere era ventura troppo nuova
ora per ora, e ne batteva il cuore.
Norma non v'era,
solco fisso, confronto,
a sceverare gioia da tristezza.
Ma riaddotti dai viottoli
alla casa sul mare, al chiuso asilo
della nostra stupita fanciullezza,
rapido rispondeva
a ogni moto dell'anima un consenso
esterno, si vestivano di nomi
le cose, il nostro mondo aveva un centro.

Eravamo nell'età verginale
in cui le nubi non sono cifre o sigle
ma le belle sorelle che si guardano viaggiare.
D'altra semenza uscita
d'altra linfa nutrita
che non la nostra, debole, pareva la natura.
In lei l'asilo, in lei
l'estatico affisare; ella il portento
cui non sognava, o a pena, di raggiungere
l'anima nostra confusa.
Eravamo nell'età illusa.

Volarono anni corti come giorni,
sommerse ogni certezza un mare florido
e vorace che dava ormai l'aspetto
dubbioso dei tremanti tamarischi.
Un'alba dové sorgere che un rigo
di luce su la soglia
forbita ci annunziava come un'acqua;
e noi certo corremmo
ad aprire la porta
stridula sulla ghiaia del giardino.
L'inganno ci fu palese.
Pesanti nubi sul torbato mare
che ci bolliva in faccia, tosto apparvero.
Era in aria l'attesa
di un procelloso evento.
Strania anch'essa la plaga
dell'infanzia che esplora
un segnato cortile come un mondo!
Giungeva anche per noi l'ora che indaga.
La fanciullezza era morta in un giro a tondo.

Ah il giuoco dei cannibali nel canneto,
i mustacchi di palma, la raccolta
deliziosa dei bossoli sparati!
Volava la bella età come i barchetti sul filo
del mare a vele colme.
Certo guardammo muti nell'attesa
del minuto violento;
poi nella finta calma
sopra l'acque scavate
dové mettersi un vento.

(Eugenio Montale, Meriggi e Ombre, I, Fine dell'Infanzia, Id., pp. 105-9). 
Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 08.



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10. SCIROCCO
O rabido ventare di scirocco    
che l'arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d'una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci - ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh alide ali dell'aria
ora son io
l'agave che s'abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d'alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d'ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento. 

(Eugenio Montale, Meriggi e Ombre. I. Agave su lo Scoglio - Scirocco, Id., pp. 113-4). 
Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 09.
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10. TRAMONTANA
Ed ora sono spariti i circoli d'ansia    
che discorrevano il lago del cuore
e quel friggere vasto della materia
che discolora e muore.
Oggi una volontà di ferro spazza l'aria,
divelle gli arbusti, strapazza i palmizi
e nel mare compresso scava
grandi solchi crestati di bava.
Ogni forma, si squassa nel subbuglio
degli elementi; è un urlo solo, un muglio
di scerpate esistenze: tutto schianta
l'ora che passa: viaggiano la cupola del cielo
non sai se foglie o uccelli - e non son più.
E tu che tutta ti scrolli fra i tonfi
dei venti disfrenati
e stringi a te i bracci gonfi
di fiori non ancora nati;
come senti nemici
gli spiriti che la convulsa terra
sorvolano a sciami,
mia vita sottile, e come ami
oggi le tue radici.

Pegli. 29 luglio 2011. Occhi. Lago di Nuvole. 10.
(Eugenio Montale, Meriggi e Ombre. I. Agave su lo Scoglio - Tramontana, Id., p. 115-6). 







Progetto Parzifal
Dolci Presenze del Viandante seguono l'Ombra in questo Silenzio popolato di Assenza.

Viaggiare. Dentro. Fuori.